SOTTO AI FIORI DEL GLICINE
Sapessi amarti dove matura
il sangue delle parole
tornerei ad essere quel palmo
d’acqua che scava il seme del sorriso
Là dove la carne spoglia la sua
timidezza per diventare
un cancello di spine. Pronto a
soffocare nel sorriso della nebbia
rendendoci d’una casa il fermento
della sua luce.
Quella pioggia che torna
a fiore gli anobi delle maniglie
e a pulirmi le bacche di chimera,
entrandoci. Perché io sono un
portone, e Tu il respiro che arriva
a guardare oltre l’intimo scomparto
della serratura.
O la chiave di glicine che mi apre,
senza fare rumore.
-E di tutti i fermagli sudati, la bocca
e la voce della mia rinascita- sullo
schienale arboreo del tuo inchiostro.
... ”aspettando Aldebaran -gli inchiostri s'inseguono, scrivendo l’afa del silenzio “ …
sulle note di
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