A SPETTINARTI L’ANSIA (E I SUOI RECINTI)
Ritrovarti dove il labbro della notte fiorisce
ancora testamenti d’un fuoco mendicante.
Nell’acuto predicare la linea obliqua delle mani,
fin sopra quella fronte pungente che - dissanguando
ogni mia parola, portava doni ai tuoi polsi-
Quel fiato sudato dagli occhi frettolosi
che mi scava i segreti della pelle, rendendomi
della notte l’albume di un sogno
L’ora in cui le stagioni fanno l’amore
con l’incertezza del cielo, consumando
le prime ore del mattino nell’afoso
d’un bacio che spettina le voci nell’utero
di tutte le mie ansie.
Riscrivendoci clandestini senza veli nelle vene
del vorace desiderio d’una -ampolla cocente
d’amore- tra i sorrisi di un’orchidea che nasconde
ancora la rossa saliva dei suoi recinti.
Quella rabbia che ubriacandomi
ti spettina la nausea alle parole tornate a
ricucirmi l’ansia d’una felicità sui fianchi
del rimpianto. Come il sangue d’una supplica che
stringe le ginocchia al silenzio. Senza
fare rumore, senza neppure accendere
il fiato d’un risveglio sfiorato.
Come fossi tu l’estate che m’incava al
respiro del tuo cielo. Pesante, nelle labbra
sporche delle mani. Seppure sembra ti
stia ancora masticando l’inverno
nel sorriso d’una pietra rovente d’amore,
tra le chiome infanti dei miei vuoti silenzi.
Nel fenditoio maculato della tua gola, dove
sei la mano di canfora che mi spalanca la bocca.
E ascoltandomi -m’invecchia.
Maria Grazia Vai & Paolo Amoruso
…. sulle note di Adiemus Elegia ….
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