poesia di
Maria Grazia Vai & Paolo Amoruso
declamata da
GIANNI CAPUTO
Promettimi
che resterai la cura,
che
congiungerai il mio respiro
al
baricentro di quell’universo
che
deve ancora scriversi, ma che
si
scrive comunque la notte, la nostra
quella
delle falene, prede celesti dell’amore.
Resterò
l’indaco dei tuoi passi,
quello
che ti bacia il fiato, e che
quando
non ci sei, ti aspetta, come
d’inverno
il fuoco acceso, la nuova pioggia
facendosi
bastare l’eco delle tue chimere,
sostando
nello sguardo silenzioso di un cammeo
che
intanto ti ciondola al seno.
Aspettami,
dove la voce torna a tacere
le
parole dell’autunno, dove sei prezioso
come
le briciole del pane sulla bocca,
quando
fuori è la sete e dentro, io sono
il
pane. Al centro esatto, o nell’angolo
di
un campo di gerani rossi, dove la
notte
placa il sonno ai desideri.
Sarò
quella panchina che annaffia i tuoi
ricordi,
e siede l’ombra della luna
dietro
i vetri.
tratta dalla sillogi ALDEBARAN
(Rupe Mutevole
Edizioni, 2013)
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