DI ROSE E SCREZIATI
AUTUNNI
T’avrei
bevuto fino allo sfinimento
come
miele dalle labbra di un bambino
senza
toccarti, senza neppure guardarti.
L’avrei
scritto sotto l’albero del melo
e
ancora più a fondo, tra la paglia del
mio
nido di conchiglie. Fino a cambiarti
l’esistenza
-e a renderti la somiglianza
euforica,
tra gli uteri ribelli delle mie
passioni
bruciate.
Come
nessun altro sudore m’avrebbe
innamorato.
Come la mia mano
abitasse
da sempre la sete nuda delle
tue
anziane falene. E la verginità di quel
giorno
appena sfiorato, fosse l’unica strada
da
percorrere, per conoscere la dolcezza
dei
tuoi fiati.
Se
desideri così tanto addormentare
le
ingenue allodole dei tuoi versi
sull’innocenza
delle mie innumerevoli ali,
allora
spiegami perché non posso essere
quel
dolce canto di vento senza fine né
inizio,
-e amarti come un telo di fuoco
steso
sotto l’ombra dei paradisi proibiti,
diventando,
del tempo che rimane, la libertà
negli
occhi del tuo sorriso.
Poiché
qualcosa ancora vola sui dirupi della
tua
dolcezza, dove l’acqua mi colora più
dei
viola, quasi fossero le dune solitarie
in
un deserto di ciliegi. Più degli acini della
mia
vigna, prima ancora che il vento si
faccia
portavoce della tua vendemmia,
ubriacandomi
della follia delle tue mani insonni.
Senza
rime. Senza neppure averti.
Invisibile, tra le
parole e i tuoi rintocchi, in una
notte barocca, come
d’autunno le mie rose
-di metà agosto.
Maria Grazia Vai
& Paolo Amoruso
sulle note di “Oxygene - The Ocean “
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