LA MEMORIA DEI FIORDALISI
Ancora mi raccoglie
la verginità di quelle foglie dallo sguardo forestiero.
Sei così lontano, eppure posso sentirlo
l’urlo giovane del tuo vivaio, la
vertigine in fondo alle ossa come
il risalirti la distanza tra le vene e
l’impazienza d’esserti memoria liquida.
Là dove attraccavo e, ancora oggi
portato dalle rughe amare della pioggia
-divento la dolcezza sulle labbra di un
sorriso- che la tua mano spoglia
poi aprendolo lo riempie con la -terra
sempre fertile dell’amore che ci vive
i polsi- e dentro guaisce più d’una vita
stuprata, sorseggiando le incisioni come
fossero saline.
Quelle che grondano, insapori
-sfamandoci le mani- dalla carta
essiccata del cuore. E i fiordalisi
-schiuderli, profumandoli di rosa.
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