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mercoledì 17 aprile 2013

INNO ALL'AMORE

 
“ INNO ALL’AMORE ” 
 
 Lorenzo Maria Bottari, 2012
olio su tela, cm. 70 x 70
 
 
 
copertina della silloge inedita

ALDEBARAN
الدبران



(RUPE MUTEVOLE Editore, Maggio 2013)
 
di Maria Grazia Vai e Paolo Amoruso

prefazione a cura del poeta
Gianluca Regondi


Aldebaran è una stella appartenente alla costellazione del Toro, è la stella più luminosa della costellazione, nonché la quattordicesima stella più luminosa del cielo notturno. Distante circa 65 anni luce dalla Terra è una gigante arancione di classe spettrale, circa 500 volte più luminosa del Sole e una quarantina di volte più grande. Si tratta in realtà di una stella doppia in quanto la principale possiede una piccola compagna…Il suo nome deriva dalla parola araba الدبران al-Dabarān, "l'inseguitore", in riferimento al modo in cui la stella sembra seguire l'ammasso delle Pleiadi nel loro moto notturno. Astrologicamente, Aldebaran era una stella fortunata, che portava ricchezze e onori. Era, insieme ad Antares, Regolo e Fomalhaut, una delle quattro "stelle regali" dei Persiani.

Aldebaran, la nostra chiave di violino in sol di poesia, e d'intarsi -e antico, ricamata. Due occhi che viaggiano senza il peso delle valigie, e al posto delle stesse l'inchiostro del cielo che ci ha trovato e unito con le parole, le nostre mani.

 
                 Paolo Amoruso                                 Maria Grazia Vai
 
A PROPOSITO DI PAOLO E MARÍE
 
La poesia è un sedimento millenario. Viene trasportato da una corrente inaccessibile,  corre, ruzzola come una trottola da un’ anima all’altra, senza nessuna possibilità che questa si disperda in gorghi infernali, o peggio ancora, che venga tacitata da un tempo più forte di tutto. La poesia, la forza della poesia, sta proprio qui, nel suo accadere inconscio e non cercato. Quando si accende, splende nella volta celeste, come una stella, e in ricordo di questo suo splendore inizia un dialogo, un susseguirsi nella meraviglia d’aver scalfito un muro, un silenzio, un’apatia che paralizza, banalizza ogni istante dell’esistenza che sembra fuggire via; e in tutto questo strano accadere, non si è più soli, perché nel frattempo senti altre voci, incontri altre persone con un loro percorso, con un loro sedimento di parole che è il loro vissuto, testimoniando l’esistenza di questo sedimento (e più in generale l’arte) che arricchisce e fortifica.
 Questa silloge è la cronaca di un’ incontro, è la meraviglia di un’ incontro con la scrittura fluida tra due anime che hanno incontrato la poesia ….
Sembra quasi che vi sia una specie di entità che si diverta, che giochi con le parole per poi trasformarla in ciò che noi umani l’abbiamo definita poesia, è una convulsa riscoperta della purezza, della speranza di poter incontrare qualcosa che non sia una vita fatta “dell’odore triste dei lampioni spenti” …. “in questo colare di stanze ferite, a picco sul mare”.
Marie e Paolo, appunto, affrontano tutto questo, con il cipiglio di un bimbo che vuole ri-scoprire la purezza che li ha generati, la meraviglia che provano nel aver trovato una specie di “linguaggio segreto delle stelle”, perché sanno del “sudore delle comete”.
E se è poesia ciò che sentiamo non siamo i soli e soprattutto non siamo soli, la poesia può essere una madre, o una stella … la più grande … la più luminosa.
 
 
                                                 Gianluca Regondi


  


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