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domenica 28 aprile 2013

DOVE SOLO TU

DOVE SOLO TU




Confondermi tra le crespe
ancora umide del tuo cuscino
per esserti l’anestesia del sonno,
fingendomi un’onda tra le siepi
ancora acerbe del mattino.
Ed esserti d’un uomo, la voce sulla
bocca di una donna.

Mentre la vita si cuce orpelli
di una droga dolce, come respirasse ancora
quel foglio albicante dove ci nascondemmo.
 
E’ tra le labbra gonfie delle mani
che vorrei consumarti il fisico d’una notte
mentre scalza, la luna ci calpesta la follia
come fossimo già mosto selvatico
tra le gambe di domani, o il lavacro
che restituisce voce all’utero del cielo,
che solo noi conosciamo.

 
Il primo sorso della sera che fa
d’una cicala -nostalgia d’estate-
E i rossi del melograno -il celeste
dei tuoi lenzuoli a fiori-
 
E sfoltirti i capelli dove non
arriva il mio pensiero, dove si
arruffano le foglie e la tela di
un poeta è un vestito su misura
 
che ti lascia scoperti soltanto
i fianchi….


Maria Grazia Vai & Paolo Amoruso
inedita (TDR)
Voce narrante Gianluca Regondi
Montaggio e regia video Maria Grazia Vai
sulle note di " THE RAIN " di Andrea Gherardi


sabato 27 aprile 2013

Dove piega l’ombra il cipresso - Poesia di Maria Grazia Vai (Introspezione)

 
dove piega l’ombra il cipresso
 
 
 
La pioggia di fine inverno,
quella bocca urlatrice di sogni,
che trema e sanguina, come impazzita,
fin dentro i palmi di un respiro,
 
nel fondo senza nome d’un veliero
che esplode come un cantico,
tra i solchi impolverati dei mattoni
e il greto a vista -seppur nascosto,
del silenzio-
 
cercandoti corolla tra i petali
del salice, fin dove arriva
a sgretolarsi il cielo e si ritrae
Come l’incenso tra i passi
dell’aurora.
 
E potessero sfaldarsi anche
le mura dei tuoi  pianti, e naufragarmi al
seno, come fossi tu la pioggia
ed io, la sabbia e il suo castello
 
E il vento di un istante,
edificarti un albero, oppure un nido
senza fondo, né scale silenziose.
 
Né piccole finestre -al posto dello sguardo.-
  
 
Maria Grazia Vai
ventisetteaprileduemila13
 
“ a mia madre e a mio padre, che le riposa a fianco “
 
 
 
sulle note di " Walk " di Ludovido Einaudi
.
.
.
 

giovedì 25 aprile 2013

Maman di Maria Grazia Vai (Amore)

 
MAMAN
 
 
Chiudimi il cuore. Fermala,
questa neve che scende dal basso delle mani,
e vorrebbe riscrivermi il palato
 
chiudila, prima che salga le costole
già arrossate, arrampicandosi dove un tempo
anche gli occhi bruciavano
per troppo cielo
Quella terra capovolta che mi cingeva stretta
-foglia tra le foglie-, ai ciondoli
Tra i nidi delle gazze.
 
Paesaggi che ancora frusciano
il tuo nome, e chiedono memoria
e luce.
 
 Eri l’alba. Il vento
che oltrepassa, dondolando
senza sfiorarlo -il mio dolore-
L'avorio di un cammeo
dove vorrei rinchiudere il tempo.
Fermarlo
qui, tra le tue mani
come fosse un rosario di perline
tra le dita misericordiose
 
di Maggio
 
-con noi dentro.-
 
 
 Maria Grazia Vai
(e Messina)
25aprileduemilatredici
 
 
…sulle note di “ LITHIUM “ di Evanescence…

mercoledì 24 aprile 2013

Renaissance - Poesia di Maria Grazia Vai (Amore)

 
RENAISSANCE
 
 
 
Dei prati in tempesta
sei fioritura ai limiti della dolcezza,
il frusciare di un pettirosso
tra gli alberi,
la grandine d’Agosto che nutre
il pungitopo.
 
Quella che danza sul ciglio del mio abisso
in cerca di una conca
che possa trattenerla,
-tutta.
 
Li, dove quietano i coralli
e tu -gonfiando le altalene e i fianchi-
sei l’isola che mi circonda,
 -innalzandomi-
 
Fino a sfiorarti le libellule.
 
 
 
Maria Grazia Vai
24aprileduemil12
 
 
…sulle note di “ Words ” di Ane Brun …

lunedì 22 aprile 2013

GIORNI DI SABBIA di Maria Grazia Vai e Paolo Amoruso, poesia tratta dalla silloge ALDEBARAN


GIORNI DI SABBIA


di Paolo Amoruso e Maria Grazia Vai

poesia tratta dalla silloge
"ALDEBARAN "

Voce Narrante Gianluca Regondi, poeta
sulle note di " Walk " Ludovido Einaudi
regia e montaggio video Maria Grazia Vai

Come può tanta malinconia
stringermi gli occhi, fingere
d’essere scagliata poco più
in là di un’ombra, per poi tornare
ad essere quell’arco infreddolito
che mi rincorre il vento, le distanze,
il cielo. E farmi male?

Come l’ultima delle solitudini
precedere di pochi passi lo sfioro del pensiero.
L’eco struggente delle margherite
che questo fiato reciso mi ricorda
Quei luoghi lontani a te vicini,
di mareggiate e fiori di ninfee
E frammentato amore -riemerso ieri, 
dal sangue della sabbia. 


Potesse adunarlo il cielo, come fosse
il penultimo petalo coperto di risposte ferite
tornerebbe a piovere quel silenzio sterile,
dimenticato tra le falde ancora roventi degli sguardi,
ricomincerei, consumando gli zigomi del riflesso,
a pregare le nuvole di fare due passi indietro, prima
d’imbastire la nuca dell’alba, e porgermi nuda tela
sull’inchiostro rabbioso.

Che sia lui a spegnermi il sonno,
con lo stesso sorriso di quando mi salva.
Perché io resti sabbia, oggi.
Perché nessuno oggi mi cammini
gli ultimi percorsi incolti.

tu sia domani, la dolcezza
dell’onda salata, che mi accolga
e conceda ad una montagna d’occhi
e mani.

-Senza che faccia rumore il tempo
ma scorra la vita nel desiderio d’esserti




(Ediz. RUPE MUTEVOLE Maggio 2013)

sabato 20 aprile 2013

L’ignara voce del silenzio di Maria Grazia Vai (Amore)

 
L’IGNARA VOCE DEL SILENZIO
 
 
La pietra si fa pioggia
e torna a farsi ghiaccio,
come un glicine di neve
sull’asfalto
 
Tra i passi
dove tu non passi,
dove  lasciasti cadere
l’ultimo sguardo
 
Nella voragine
di quel dolore
oggi
ho seminato bulbi di giaggiolo
 
rossi.
 
Maria Grazia Vai
20aprileduemila13
 
 
sulle note di “Towers “ di Bon Iver

mercoledì 17 aprile 2013

INNO ALL'AMORE

 
“ INNO ALL’AMORE ” 
 
 Lorenzo Maria Bottari, 2012
olio su tela, cm. 70 x 70
 
 
 
copertina della silloge inedita

ALDEBARAN
الدبران



(RUPE MUTEVOLE Editore, Maggio 2013)
 
di Maria Grazia Vai e Paolo Amoruso

prefazione a cura del poeta
Gianluca Regondi


Aldebaran è una stella appartenente alla costellazione del Toro, è la stella più luminosa della costellazione, nonché la quattordicesima stella più luminosa del cielo notturno. Distante circa 65 anni luce dalla Terra è una gigante arancione di classe spettrale, circa 500 volte più luminosa del Sole e una quarantina di volte più grande. Si tratta in realtà di una stella doppia in quanto la principale possiede una piccola compagna…Il suo nome deriva dalla parola araba الدبران al-Dabarān, "l'inseguitore", in riferimento al modo in cui la stella sembra seguire l'ammasso delle Pleiadi nel loro moto notturno. Astrologicamente, Aldebaran era una stella fortunata, che portava ricchezze e onori. Era, insieme ad Antares, Regolo e Fomalhaut, una delle quattro "stelle regali" dei Persiani.

Aldebaran, la nostra chiave di violino in sol di poesia, e d'intarsi -e antico, ricamata. Due occhi che viaggiano senza il peso delle valigie, e al posto delle stesse l'inchiostro del cielo che ci ha trovato e unito con le parole, le nostre mani.

 
                 Paolo Amoruso                                 Maria Grazia Vai
 
A PROPOSITO DI PAOLO E MARÍE
 
La poesia è un sedimento millenario. Viene trasportato da una corrente inaccessibile,  corre, ruzzola come una trottola da un’ anima all’altra, senza nessuna possibilità che questa si disperda in gorghi infernali, o peggio ancora, che venga tacitata da un tempo più forte di tutto. La poesia, la forza della poesia, sta proprio qui, nel suo accadere inconscio e non cercato. Quando si accende, splende nella volta celeste, come una stella, e in ricordo di questo suo splendore inizia un dialogo, un susseguirsi nella meraviglia d’aver scalfito un muro, un silenzio, un’apatia che paralizza, banalizza ogni istante dell’esistenza che sembra fuggire via; e in tutto questo strano accadere, non si è più soli, perché nel frattempo senti altre voci, incontri altre persone con un loro percorso, con un loro sedimento di parole che è il loro vissuto, testimoniando l’esistenza di questo sedimento (e più in generale l’arte) che arricchisce e fortifica.
 Questa silloge è la cronaca di un’ incontro, è la meraviglia di un’ incontro con la scrittura fluida tra due anime che hanno incontrato la poesia ….
Sembra quasi che vi sia una specie di entità che si diverta, che giochi con le parole per poi trasformarla in ciò che noi umani l’abbiamo definita poesia, è una convulsa riscoperta della purezza, della speranza di poter incontrare qualcosa che non sia una vita fatta “dell’odore triste dei lampioni spenti” …. “in questo colare di stanze ferite, a picco sul mare”.
Marie e Paolo, appunto, affrontano tutto questo, con il cipiglio di un bimbo che vuole ri-scoprire la purezza che li ha generati, la meraviglia che provano nel aver trovato una specie di “linguaggio segreto delle stelle”, perché sanno del “sudore delle comete”.
E se è poesia ciò che sentiamo non siamo i soli e soprattutto non siamo soli, la poesia può essere una madre, o una stella … la più grande … la più luminosa.
 
 
                                                 Gianluca Regondi


  


domenica 14 aprile 2013

EPILOGO

 
EPILOGO
 
 
 
Potessi
come l’acqua,
come un vento rabbioso,
-sfaldarmi-
 
essiccando,
penetrandoti il buio
e la neve
 
e lì
fiorire,
 
schiantandomi
 
Febbrile
come iperbole di marzo
 
 
Maria Grazia Vai
quattordiciaprileduemila13
 
 
 
…sulle note di “ Pretender “ Sara Jaffe…

martedì 9 aprile 2013

LATITUDINI E DISTANZE poesia di Paolo Amoruso e Maria Grazia Vai

LATITUDINI E DISTANZE
 
poesia di Paolo Amoruso e Maria Grazia Vai
tratta dalla Silloge inedita “ ALDEBARAN “
voce narrante Gianluca Regondi, poeta
sulle note di “ Love is a mistery “ di Ludovico Einaudi
 
 
Dove ancora un ricordo acido mi svuota
diventando la piega pesante
d’un maglione troppo sporco,
tu sei il fontanile
dove m’inginocchio e torno ad essere
la cura di quella terra ancora arida.
 
E profuma di vita il tuo respiro,
quella vita che somiglia alla pioggia
che mai si stanca di portarmi
la comprensione del cielo, e che
ogni volta allarga le mie nocche.
 
E cade
come ricongiunta al tempo,
laddove s’alzano le braccia
e i girasoli piegano al giorno che scompare.
Dove torni ad allargare nuovi spazi
Dove resta l’eco
che mi stringe il fianco
 
Quella mano
che trattiene il fiato delle cose,
misurando la dolcezza del silenzio
E farsi canto tra la legna dell’inverno
 
Dove tutto brucia
e TU
ritorni ad asciugare le trine d’ogni mia stagione
 
maiagraziavai & paoloamoruso
nelprimogiornodiprimavera


lunedì 1 aprile 2013

Snow di Maria Grazia Vai (Amore)

 
SNOW
 
 
Pioggia d’orchidea, nel passo
più sordo del giorno, fiorisce
l’asfalto degli occhi in drappi
di malinconia, e voci di silenzio
 
E’ rumore dei miei giorni di
neve, di quelli arsi dal gelo,
in cui stelle e papaveri urlavano
-dal fondo di una pozzanghera-
la sete rauca di un’eclissi di cuore
 
Luce incolta che ancora sogna
di migrare aldilà delle risaie,
oltre i grappoli di sale e la
vendemmia prematura di parole
o -semplicemente, farsi innesto
tra le magnolie delle le tue farfalle
 
Quell’intarsio tra le grondaie,
a camminarti il bianco dell’inverno.
 
 
Maria Grazia Vai
nelsecondogiornodiaprile2013
 
...sulle note di “Snow” di Frida Sundemo…