di Paolo Amoruso
Nei cortili dove non torni a spargere
i riccioli rossi delle partenze redentrici
io mi vendo covile ai silenzi più feroci,
come fossi l’unica medicina per l’inibita alba
e mi lasciassi derubare la interiora delle parole.
Stringo alla gola dei miei passi la tua assenza.
Fin dove il fiato resta sollevato, e l’apatia accanto
a ricordarmi le caviglie innocenti della notte,
quella che ciondolava le nostre mani al seno
come fossero l’inno di un desiderio che non smette
di partorire.
La stessa che mi osserva soffocare
mentre fuori da queste gelide cancellate
-esultano liberi gli sguardi rapaci delle stelle
che disegnasti sulle crepe dei miei asfalti-
Qui dove la tua presenza continua a dimagrire
e la mia vita a consumarsi. Come il dolore
fosse le gambe,
-e il presente la terra che ho perduto-
i riccioli rossi delle partenze redentrici
io mi vendo covile ai silenzi più feroci,
come fossi l’unica medicina per l’inibita alba
e mi lasciassi derubare la interiora delle parole.
Stringo alla gola dei miei passi la tua assenza.
Fin dove il fiato resta sollevato, e l’apatia accanto
a ricordarmi le caviglie innocenti della notte,
quella che ciondolava le nostre mani al seno
come fossero l’inno di un desiderio che non smette
di partorire.
La stessa che mi osserva soffocare
mentre fuori da queste gelide cancellate
-esultano liberi gli sguardi rapaci delle stelle
che disegnasti sulle crepe dei miei asfalti-
Qui dove la tua presenza continua a dimagrire
e la mia vita a consumarsi. Come il dolore
fosse le gambe,
-e il presente la terra che ho perduto-
©Paolo Amoruso
Regia e montaggio Maria Grazia Vai
Sulle note di Ólafur Arnalds - Lag Fyrir Ömmu
Nessun commento:
Posta un commento