D’OBLIQUO ALLE CICALE
E scavarmi, tra la
grandine
e l’acqua della tua
carne.Diventando la brina
che -ricalca sogni nello sguardo più
timido del bicchiere-
Quello che graffiandomi emerge,
lasciando che sia l’intradosso d’una
noia esaltata a fiorirmi nuovi orizzonti
tra le falde mute dell’inguine.
Mentre ti rifletti e ti sollevo, alzandomi
-bocca sanguinante del mare-, entro la
quiete carnale dei tuoi seni.Scalzi.
E affusolarmi, tra le rosse conchiglie
dei tuoi anni. Delineandoti il volo -obliquo
delle cicale.
Quel gracchiare che rende possibile
-d’ogni inciampo- la vita e la neve.
Sempre.
Maria Grazia Vai
& Paolo Amoruso
undicimaggioduemila13
sulle note di “ Tomorrow’s Song” Olafur Arnads
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