GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA
Proclamazione dei vincitori della 5a edizione
Premio Internazionale d'Arte
LA COULEUR D'UN POEME, per poesia, vernacolo, pittura, haiku e fotografia, Memorial Antonio Regondi 2020
L'evento gode delpatrocinio culturale e la raccomandazione di VikiPoesia
Iniziativa a sostegno della “FONDAZIONE GAIA” a favore del progetto " Villa Gaia, un luogo per accogliere donne in stato di fragilità: VILLA GAIA, il nome di questo progetto, ideato da Isa Maggi, mamma di Gaia, ventiquattrenne, scomparsa nel pieno della sua giovinezza, studentessa di scienze politiche all'Università di Pavia che lavorava allo Sportello Donna e si occupava di donne in difficoltà, senza lavoro, con fragilità psico-sociali, con bambini. In questa continuità d'intenti, la Fondazione nasce infatti per aiutare le donne in difficoltà a causa di condizioni di emarginazione, povertà e discriminazione sociale promuovendo e sostenendo progetti nazionali e internazionali che favoriscano il superamento di tali barriere e la piena espressione di sé. L'obiettivo concreto di Villa Gaia è aiutare donne di ogni età, in cerca di un riparo, in un contesto fuori dalla più formale casafamiglia. Isa Maggi, mamma di Gaia e presidente della fondazione, sogna un ambiente interno ed esterno che permetta loro di respirare aria di libertà e possibilità di ritrovare una strada per loro stesse e i figli, che possono portare con sé. “Villa Gaia, un luogo per accogliere donne in stato di fragilità “.
A Isa Maggi e Simona Carboni, madrina del premio, il conferimento di una targa a simboleggiare i nostri più sentiti ringraziamenti
21 marzo 2021
La casa
Era il tempo in cui solo la pioggia
lavava le ciliegie.
Dalle finestre di quella casa
si vedevano passare i treni e le vite.
C’erano voci piene di colori.
e sul tavolo c’era un pane
tagliato per quattro a mani nude.
Ora che tante cose sono passate,
i treni i colori e le vite,
ogni silenzio siede al suo posto
guardando le briciole del pane rimasto.
Dei presepi di allora rimane solo il muschio.
Dalla corda del bucato pendono solo mollette,
in silenzio, con le bocche vuote.
A volte tra quelle mura
le ultime due mani cercano …
cercano un punto dove spegnere il silenzio,
ma non trovano che gli echi corti dei passi
nelle stanze vuote.
Ora che la casa ha gli occhi chiusi
forse sogna ma non aspetta più:
ha imparato che da troppi viaggi
tornano solo i ricordi
magri e con gli occhi grandi della fame.
Allora rimane sola in fondo a quella via,
stringe in grembo i suoi Natali
mentre nevica un silenzio fitto,
a fiocchi grandi
dentro la cornice vuota.
il video realizzato da ImmagineArte in collaborazione con Rodolfo Vettor (voce narrante)
la terra bolsa
fui la sposa di mille gioiosi passi
il grembo per Maometto e Cristo
fui il cuscino degli Autunni lassi
e la sedia di un sole mai più visto
e non mi riconosco più
immacolata fui come tutte le mie pietre
che non fecero mai del male a nessuno
fui un cedro che buongiornava finestre
del passato gongolante ed ormai bruno
fui felice sinceramente
invogliante fui indossando i tramonti
ed i quali d’addosso mi hanno levato
fui l’azzurro sopra porti, orti e ponti
fino allo sbarco del loro fiele malato
e mi sento straniera ora
bruciano me perché meno civile sono
ed io mai bramato ciò che non è mio
pestano me ché non rispondo a tono
menomano me perché temo solo Dio
fui Beirut
ed ora sono
la terra bolsa.
Fadi Nasr
il video realizzato da ImmagineArte in collaborazione con Rodolfo Vettor (voce narrante)
Mi siedo, accanto
domestico discorrere di onde…
E imparo il trascorrere
del tempo, dalla sabbia da scavare
per trovare il tiepido del giorno;
quel che rimane della luce,
dalle acrobazie dei balestrucci
nell’alta festa del tramonto
(quando sul balcone iniziavano
a schiudersi i tuoi fiori -un affollarsi
di occhi colorati sulla sera).
E imparo la vita dalle stelle,
che lentamente ricominciano
a morire, e mi bruciano d’amore.
E imparo la speranza dalle lucciole,
che ridono sul lungomare
ai piedi dei bambini.
Angelo Taioli
Mi siedo, accanto
Mi
siedo, accanto ad un quieto,
domestico discorrere di
onde…
E imparo il
trascorrere
del tempo, dalla sabbia
da scavare
per trovare il tiepido
del giorno;
quel che rimane della
luce,
dalle acrobazie dei
balestrucci
nell’alta festa del
tramonto
(quando sul balcone
iniziavano
a schiudersi i tuoi
fiori -un affollarsi
di occhi colorati sulla
sera).
E imparo la vita dalle
stelle,
che lentamente
ricominciano
a morire, e mi bruciano
d’amore.
E imparo la speranza
dalle lucciole,
che ridono sul
lungomare
ai piedi dei bambini.
Angelo Taioli
in premio la pubblicazione della silloge
Tempo del vervo vivere
(edizioni Accademia Barbanera. In copertina l'opera " Il dio dei venti" del Maestro Lorenzo Maria Bottari)
il video realizzato da ImmagineArte in collaborazione con Rodolfo Vettor (voce narrante)
Ci sono stata in quella casa
in cui le geografie cambiavano direzione
e il giorno non sapeva da che parte entrare.
La tavola apparecchiata per quattro, invano.
Io che sedevo ogni volta su quella sedia
rimasta vuota fino al mio ritorno
mio fratello chiedeva che nome avessi
io recitavo il suo nome a memoria.
Mia madre diceva
- Figlia mia, mangia ogni cosa
che non ti faccia andar via,
io ci sono morta tra i binari
della vecchia ferrovia
dove le tratte sono ferme ai boschi
e le cortecce si fanno tronchi.
Mi avrebbe vista crescere
dalla finestra che dava sul lago
pensando che le mareggiate
fossero solo cose di mare e sale.
Io mangiavo, mangiavo
così mi avrebbe trovata già grande
e avrei potuto asciugarle gli occhi
che non hanno visto il mio canto soprano
ma l’ultima danza del cigno
ostinato a restare umano.
Le onde d’acqua
lasciano segni che fanno male.
Mia madre è di là che apparecchia…
la sedia ha una gamba rotta.
Maria Teresa Infante
Vacilla ancora
Ricordi? Le sere sul muretto
ad ascoltare delle rondini il garrire
spensierato, a seguirne il volo allegro
nella luce del tramonto mentre, intorno a noi,
fra cuscini di pervinca e rosmarino in fiore,
saliva forte l’umore dell’estate,
il frinire incessante delle cicale,
il profumo acre dell’erba tagliata
e l’incanto inaspettato
delle lucciole avvinghiate ai muri.
Se ne andavano così le nostre estati
a sognare il mare, mentre tu intrecciavi serti
di edera e speranza, aspettando il buio
e l’apparire lento del velario di stelle
che ad agosto hanno luce corusca
e, leggiadre, fanno giochi di bambine.
Che sarà di noi tra una vita,
mi chiedevi, e fantasticavi sul nostro domani,
immaginavi l’andare dei giorni
in un tempo che, allora, appariva lontano.
Siamo rimasti qui, ora,
ad inseguire i sogni, oggi come ieri,
in un futuro che già è andato,
ma ci basta guardare il volo dei rondoni
anelando come loro ad una terra d’oltremare,
ora che di lucciole
non scorgiamo più il bagliore
e delle voci del mondo ascoltiamo soltanto
il canto umile dei grilli e, nascosto nel vilucchio,
un rosario di cicale.
Umberto Druschovic
Cercami
Se vuoi, cercami davvero,
mi troverai nelle trasparenze
delle mie finestre,
mi troverai fiduciosa
sull' affaccio di nuovi orditi,
negli sguardi veri
dei miei giorni e delle mie sere,
o sola, tra la folla
intenta a vedere
se qualcuno mi offre da bere
calici di polvere e di luce.
Cercami davvero
su strade che non conosci,
o nelle simmetrie dell'aria,
nel punto in cui varia
il suono del vento.
Mi troverai lì,
tra le mie parole,
senza cenci, senza reti,
senza corde, senza suole,
alla ricerca di specchi
alle mie furie e a miei rifugi.
Mi troverai lì, dove forse
sono sempre stata,
dove forse
non voglio essere trovata,
per non svelare agli altri
il mio possibile.
Giuseppina Romanello
quanti
semi di arancio
sto conservando
Maria Teresa Sisti
in premio la pubblicazione della silleoge
Piccoli semi di arancio
il video realizzato da ImmagineArte in collaborazione con Rodolfo Vettor (voce narrante)
fiore di luna-
il resto di un sogno
sul davanzale
Carmela Marino
i primi
freddi -
sempre
più breve il volo
delle
farfalle
Mauro Battini
vento notturno -
si gira e torna in posa
la gru di carta
Elisa Bernardinis
la libecciata
rimescola i ricordi
tra onde e nuvole
Giovanni Odino
lente
nel vento
lente
cadono foglie
perdute
amiche
Gino Ghioni
le stanche
fronde-
quell’ultimo
autunno
di mia
nonna
Rosaria Lo Bono
Il
vecchio glicine
All’ombra
di un ricordo
fiorisce
ancora
Antonella Seidita
sul
mare mosso
s’incrociano
i venti
di
primavera
Marilla Zoppi
vibra
un salice -
mosso
appena dal vento
nel
crepuscolo
Massimo Baldi
Foglie
cadenti.
Gocciola
dai pioppi
il
crepuscolo
Maria Perrella
Alba
di gelo -
il
pianto di un clochard
toglie
il respiro
Alberto Tomasini
scrivere
haiku -
scivoloso
il sentiero
dopo
la pioggia
Mariangela Ruggiu
Notte
stellata -
il
silenzio del bosco
rotto
dal vento
David Di Tomaso
Volano
foglie
ballerine
danzanti
nel
maestrale
Anita Barbaglia
Sono la farfalla della fatica e della polvere
sei la foresta di luce viola
ogni volta che dipingo i tuoi occhi
Sul pavimento,
non so quanti cuscini
di cotone vergine abbraccio.
Stagioni vuote
nonostante la polvere e la canfora
La mia donna ha le sembianze del mare,
il sapore della rugiada
e i capelli del vento.
I suoi occhi sono gli occhi degli zingari
che rapinano l'anima
verso una danza nello spazio.
Le sue labbra sono due fiumi
di sangue invecchiato
Invecchiato dalle ferite
e le risate dell'uva.
Di quanto marmo aveva bisogno Dio
in modo che i tuoi denti fossero
due rive innevate e segrete?
La mia donna ha la calma di una colomba,
un nitrito autentico che dichiara
il piercing della diaspora
e tira fuori, dal regno della fame,
stagioni primaverili per la giovinezza dell'amore.
Perché gli asfalti non mi evitano?
E quella polvere, perché non è separata da me?
E tu, mia signora,
sei ancora gardenia
sul seno infinito del sonno,
mentre io intesso l’ottavo colore
dell'arcobaleno
Ahmad Yacoub
فراشةٌ من تعبٍ
وغبارٍ أنا.. وأنت
خمائل الضوء
والبنفسج
كلما رسمت على
الرصيف عينيك
لا ادري
كم وسادة من قطنٍ
عذري أعانق
فصولٌ خاويةٌ إلا
من غبارٍ وكافور
ولفتاتي :
شكل البحر، طعم
الندى، وشعر من رياح
عيناها
آهاتٌ غجريةٌ
تسرقان الروح إلى
رقصةٍ في فضاء
شفتاها
جدولا دماءٍ تعتقت
ما بين الجروح
وقهقهات العنب
كم من عاجٍ احتيج
لتكون أسنانها ضفتي
ثلج وأسرار..؟
لفتاتي هديل، صهيل
مطهم
يعلن: اقتحام
الشتات
ينتزع من مملكة
الرمادة
ربيعا لشباب العشق
لم لا تنفضّ
الأرصفة عني..!
لم لا يطلقني هذا
الغبار..!
أبقي فتاتي على صدر
الحلم الشاسع
زهرة غاردينيا.
وأنا أنسج لونا
ثامنا لقزح...
care a iubit un bărbat.
Mă așez aici, pe această banca roșie
să mă odihnesc, să ascult tăcerea pe care odinioară
o trăiam, adorand în ea să mă cufund
fără dorința reîntoarcerii.
Privește-mă, așa îmbrăcată în roșu sunt o flacără
sunt un foc ce freamătă, ce a fost.
Roșul este culoarea femeilor ce trăiesc mereu
cu dorința de a fi vii în crearea unei lumi mai senine,
de a-și pune în joc minunata lor inimă,
libere de a visa o rochie albă de mireasă.
Mă așez aici și mă gândesc la ele, care au iubit,
au dansat pe undele vieții aidoma lebedelor,
la câtă candoare aveau în ochii închiși pe vecie.
Femei înroșite de sângele lor vărsat
în dorința de a fi oprite, reduse la tăcere, ignorate,
inrobite, călcate în picioare…pentru ce?
Femei roșii cu pantofi roșii
se așează aici, alături de mine, pe bancă
să povestească despre rănile lor mortale.
Îmi amintesc.
Sunt o femeie cu pantofi roșii
care a avut curajul să evadeze din colivia de aur
în care iubitul sau o intemnitase.
Mi siedo qui
Sono una donna rossa, una delle tante donne,
che hanno amato un uomo.
Mi siedo qui su questa panchina rossa
riposarmi ricordarmi il silenzio che un'altra
volta vivevo adoravo mi ci tuffavo
senza voglia di ritornare.
Vestita di rosso guardami sono una fiamma
un fuoco che freme che fu
il rosso colore delle donne che vivono sempre
con il desiderio di essere vive nel creare un mondo sereno
di mettere in gioco il loro incantevole cuore
libere di sognare un vestito bianco di sposa.
Mi siedo qui e penso loro che hanno amato
hanno ballato come i cigni sulle onde della vita
e quanto candore negli occhi loro chiusi per sempre.
Le donne rosse del loro sangue sparso
de la voglia di essere fermate zittite ignorate
sottomesse calpestate...per cosa?
Le donne rosse con le scarpe rosse
si siedono qui vicino a me sulla loro panchina
raccontare le loro ferite mortali...
Ricordo.
Sono una donna con le scarpe rosse
che ha avuto il coraggio di uscire dalla gabbia d'oro
in cui il suo amato uomo l'aveva chiusa.
Alexandra Firita
(L’òmm sù la Luna in del 1959)
Hoo toccaa la luna
in di tò oeugg pien de nòtt
lagh di mai cognossuu arlii
misteri di comett sbarlusent.
La luna l'è di gatt, di coeur vagabond
trasportaa da la ziffolada de on trèno
vèrs echi de conchili, profumm de armandola
pass de bissa scudellera, impression sensual d’estaa.
La lùna la giuga cont el mar e i gugg di pìn
tra ona finèstra e l’asfalt, la rid e la fa ombrii
e la scoeud la set in del rifless d’on biccer;
la illumina i freguj di ona zena
e i biòtt emozion, penser desmentegaa dal dì.
Inscì mì in la sira, on poo stria e on poo follett
me perdi in del formigheri de la città,
voo adree cont on did al sentee scarlighent de la vìta
sul percors ordinaa de la filovia
e anca mì compagn de lee
me moeuvi taccada sù a quell fìl d'amor
che la sarìa illusion o realtà
l’è istèss lughera o ciar de on incendi.
La luna la fa capì i segrett ma la proteg i moros
e ògni anema distràtta e sperduda
che anmò la disegna on futur
de sabbia de desèrt, de s’cena calda de luserta
camp de papaver e camamella
e cittaa grand de solitùdin;
immagin de stòri tatuaa sora al leger de fata
e i ricòrd d'on passaa imperfètt
sòtt on sorris giald de mezza luna.
Angela Broccoli Cristina
Senza ‘vdòit
A t’amnirò a zarcàe
duvò ch’a sò
ch’a n ti putrò mai truvàe
tra taji ad fén
tèra bagnàeda
crèsti duràedi
l’aqva ch’la cόr d’inzò
tr’al mi màeni, il tuo viso
dalòngh da mè
l’à pérs la su belèza
piò ta t’invèc
piò la pèla la gvénta fòina
ferite che non si rimarginano
t la tu vòusa ò santéu
senza ‘vdòit
i tu pas ch’i s sluntanàeva
senza far rumore, da zét
sòura l’érba d’un pràe
s’un vèc ch’e’ sòuna la tròmba
l’è ‘rvat e’ silénzi.
Lorenzo Scarponi
Armanda
Mea
Sul fil dei lavri na ruga
a
scolpir la clesidra
che
n'doman l'sia timbro
a
chi che gnen a vardarme
Man
consumade
che
le ha scavà cor e tera
bassa,
scura tera de bosc
e de
sventura, mea
Lampo
de n'istà
cavada
da rento i bosc vita,
la
ha an nome tenero
come
an fior
Oci
de Muran
e
vent nei cavei
man
sula boca
a
frenar parole che scampa
sdrusse
anfanade invirgolade
Me
speta de polsar calma,
a
sera, dopo aver vivest
tut
in premura,
anca
sperantha e dolor,
anca
lagreme
misciade
al sudor
Otto Kedif
In su la riva
Come lughér lusent color del lagh
‘pèna increspaa de on’onda de sorrìs
me inonden i tò oeugg con fà gentil,
quand per sfioramm te slonghet i tò man
e tra i mè did te infilet i tò did:
l’è el mè, l’è el tò, l’è on did cont on anèll,
se conoss pù de chi l’è quèst ò quèll.
El tò vardamm ‘l se quatta de velù,
e ‘na scuriada de metall giazzaa
la me infoghiss e corr longh el firon.
Tutt duu ne tocca vardà via lontan
per quattà quèll che pòdom minga scond
e el ne scorliss come on stralusc d’estaa.
Te smòrzet l’emozion con ‘na ridada,
ma a chi te voeuret daghela d’intend?
l’è on streng ch’el ne tripilla de passion
e de pudor antich mai trapassaa:
voeuja e paura de volà ancamò.
….
Fa citto el lagh intant ch’el cala el sô
dedree di nivol ròsa faa a bindèi.
Restom domà mì e tì chì in sù la riva,
e duu uselitt a basottass, là, in fond.
Adriana Scagliola
A
gevenétte e 'u viulïne
Selènzie
ndù teätre.
Pù,
lüce.
Na
gevenétte abbracce 'u viulïne,
móve
l'archette...
A
museche e a gevenétte, a mènde e 'u viulïne,
rìtme
e córe aūenite ndà l'univèrse.
Sol,
La. Si' àrie, àlbe du mùnne,
da
vïte respïre,
vìnde
lundäne che ddòre de jenèstre e ièrve de scùjje.
La,
Si. Si' àcque vïve
che
nàsce putènde di vìscere di mundàgne,
àcque
che zómbe e resóne sòp' i préte di fiüme,
acquarécce
di präte,
lacrème
d'ùcchie pe 'mbreiacä' l'amande.
Mi,
Fa. Si' füche,
fiàmme
de passiòne che 'bbrusce l'àneme,
füche
ch'arelüce e rescalle,
füche
du Sinai che 'ngiä strùjie mäie.
Sol,
Re. Si' tèrre ndò 'rradecäme,
tèrre
ùmede e sulagne, füte de chiande,
tèrre
de sùnne e chiàgne.
Sol, Re, La, Mi.
Hï e tè, sïme àrie e àcque,
füche
e tèrre,
meràcuele
e poesì',
strumènde e sendimènde,
cungèrte
d'amóre de 'univèrse.
avia ’u sapuri
di stagiuni passati,
di palori nun ditti,
di tempu chi nun ci fu.
’U cugghia cu li mani
e comu un ciatu ’i ventu,
vulau…
’U strincia cu passioni
’ntra li pugna comu un trisoru
pi nun perdurlu, ma iddu
’u stissu si ni vulau.
Ristaru vacanti li me’ mani,
comu li to’ occhi senza lacrimi,
lu to’ cori spizzatu
e la to’ vita senza rumuri…
Chissu lu mumentu d’annari ’vanti
e cuntinuari a campari
ripigghiannu ’a strata
chi ’ssemi aviumu pigghiata.
Salvatore
Gazzara
Con un particolare ringraziamento ai membri della Giuria, per la
competenza, la cura e la serietà messa a disposizione del Premio per la valutazione
delle Opere pervenute al la 5a edizione del concorso
Sezione
Letteraria:
- poesia -
Virginia Murru
Patrizia Stefanelli
Dario Marelli
Valetina Meloni (nanita)
Nazarena Rampini
- vernacolo -
Stefano Baldinu
Giuseppe Guidolin
Enrizo Sala
Sezione artistica:
- pittura -
Lorenzo Maria Bottari
sue le immagini, per gentile concessione, in copertina delle sillogi
vincitrici del Premio
“sezione haiku Piccoli semi di arancio” - M.T. Sisti
“ sezione poesia Tempo del verbo vivere “- A .Taioli
- fotografia -
Nicola Calì
Testimonianze...
Grazie.
Per l'erogazione liberale a favore della Fondazione Gaia a conclusione del concorso culturale La Couleur d’un Poème
...La cultura insieme alla solidarietà...
La couleurd’un Poème
arrivederci alla prossima edizione
Maria Grazia Vai
(presidenza del premio)
21 marzo 2021
to be continued...
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