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martedì 13 giugno 2023

VINCITORI VII EDIZIONE

 PREMIO INTERNAZIONALE D’ARTE 

LA COULEUR D'UN POEME

 

MILANO SI VESTE DA SERA 
E INDOSSA I COLORI DELLA POESIA

 




L'evento culturale nasce con l'intento di promuovere la poesia contemporanea sia in lingua italiana, straniera che in vernacolo, divulgare la bellezza della natura e dell'universo in 17 sillabe, quella che gli antichi maestri giapponesi chiamarono haiku, nonché l'estro creativo espresso attraverso fotografia e pittura. Dal gennaio 2020 l'iniziativa gode del Patrocinio Culturale e della Raccomandazione di WikiPoesia. Ecco i vincitori di ogni sezione e dei Premi Speciali, i testi delle poesie, le immagini della sezione arti visive e l’introduzione al concorso, pubblicata in antologia, a cura di SIMONA CARBONI, madrina del Premio, alla quale viene riservato un particolare e speciale ringraziamento.

 

Lungo i bordi dell'esistenza

nel silenzio livido

della pietra scagliata

la Poesia sosta.

Cammina e disseta

legami recisi,

corredo senza nome

d'un arcobaleno tumefatto.

Accorata

si erge dalle mura imbrattate

vuota del conforto

di un epilogo diverso

accompagna, orfana di madre

il sentiero di una stella nascente…

 

 

- Simona Carboni -

Madrina del Premio



PREMI SPECIALI

conferiti dalla Presidenza del Premio

 

 
PREMIO SPECIALE "PRESIDENZA DEL CONCORSO"




Carlo Ricci 

con la poesia 

"Nuances de gris"

 

e anche oggi niente di nuovo

le colline sono sempre quelle

bordate d’azzurro, a volte ci sono:

per la nebbia a volte scompaiono, e rieccole

d’inverno imbiancate, gli alberi         

uno ad uno, spossati d’estate, hanno tutti un nome

simile al mio

 

d’autunno il fogliame

è mille chiazze di giallo

rivolte a sud

ad asciugare dopo la pioggia

anch’io, come loro

succhio la stanchezza

della terra

 

dal fondovalle la nebbia risale

fino a quel poco che lascia

dei rami, di mio, e poi

quando copre tutto    

sembra di galleggiare

insieme, con le capigliature degl’alberi

tante chiome dannate

così, sotterrate a spaglio

 

(anche questo ci accomuna)

 

 

 

PREMIO SPECIALE "IL GIARDINO SEGRETO"



Sara Ferraglia 

con la poesia 

"Vengono i bimbi "

 

Vengono i bimbi con piccole ali

e grandi pensieri

Lasciano briciole di pace

sui sentieri del mondo

Noi le raccogliamo una ad una

pianissimo, con delicatezza

Hanno il colore delle ali di farfalla

Son resistenti come filo di ragno

Trasparenti come lacrime innocenti

Vengono i bimbi coi loro cuori sinceri

 

 

PREMIO SPECIALE "ALBERI D'AMORE"



Serena Vestene 

con la poesia

"Non approfittarti ché t'amo"

 

 

Non approfittarti ché t’amo.

Ché non porta frutti il palmo

che si pretende già aperto.

Cadrebbero nell’attimo incerto

da un polso costretto

mele rotolate peccando,

pere come seni scordati,

castagne da stanchi falò.

 

Non approfittarti che t’amo.

Se siamo approdi finiti per mano

non c’è pietra che spinga sull’altra

non c’è fiume che arranchi alla foce

non c’è riva che allerti, se è lietezza.

 

Non appoggiarti se t’amo.

Un ramo non poggia alla pioggia.

E tu sei quercia e roveto,

radici per le rose.

E qui piove, piovono gocce copiose.

 

 

 

MENZIONE SPECIALE "ARTI VISIVE"

 

Angelo Franco 

con l'opera pittorica 

" Confine "

 

 

Gheorghe Pintilie 

con l'opera  pittorica 

" Fascino "

 

 


Sezione A) POESIA

 

1° classificato Veruska Vertuani

con la poesia

"Il trentasette (Bologna, 1980)"

 

Va il trentasette

dalla stazione all'ospedale,

un tragitto di anime

alcune compiute all'azzurro

altre ondeggianti

tra gli assolati garriti di agosto

e i Campi Elisi del mare.

 

Il trentasette va a lenzuola spiegate,

bianche lingue coprono i finestrini

e il vento penzola dagli orli agli urli

dei lampeggianti

 

e dentro la luce fa il rumore

delle pietre esplose dalle pareti

e dentro la luce ha lo scatto

di una falena impigliata a quel che resta del cielo.

 

Le dieci e ventiquattro

poi le dieci e venticinque.

Sembrano un minuto

questi quaranta anni fa.

 



 in premio la pubblicazione della silloge " IL CODICE DELLA MEMORIA "  (in copertina un dipinto del Maestro Carlo Cordua, Presidente sezione Pittura) edito da Edizioni Accademia Barbanera 2023


 

e la realizzazione della videopoesia
a cura di ImmagineArte
voce narrante Rodolfo Vettor e Maria Grazia Vai







2° classificato Alessio Baroffio

con la poesia

"Il mio giardino"

 

Giunge un vento senza nome

sul tramonto sdraiato sul mare

le solite vecchie stelle

escono dal sipario del giorno.

Il silenzio fruga fra le ferite

di un mattino ancora lontano

mentre l'anima inciampa

incapace di nuovi orizzonti.

Il mio giardino profuma

delle urla di parole taciute,

di ortiche che coprono i boccioli

dell’amore appassito.

Domina la tua assenza

sulla parete nuda del presente

io che appartenevo ai tuoi respiri

sorseggio petali di gelo.

Così immergo la penna

nelle latebre delle mie lacrime

e sui fruscii di vecchie pagine

semino granelli di poesia.

Come fiore senza pistillo

coloro il foglio di pensieri,

le luci che fuggono dall’anima

diventano tuoni nel cielo.

I miei versi incantati dal nulla

parlano di sogni e di profumi,

negli ultimi bagliori del passato

schiudo gli ovati sepali

se le mie radici sono forti

continuerò a fiorire.

 



3° classificato Lucia Lo Bianco

con la poesia

"La mia terra profuma ancora di viole"


 

(Dedicato a Franca Viola)

 

Sono venuta qui, dove la terra

sposa la luce trasparente dell'aurora

e caldi abbracci vestono i ricordi

di cielo e mare e corse all'infinito.

Sono venuta qui, come Proserpina

giocando con le onde a primavera,

ignara del destino preparato nella notte,

nel regno buio odiato pure dagli dei.

Sono venuta qui e ho visto metamorfosi

di mani e di violenza cieca e bruta

e donne calarsi nelle vesti senza amore

e giorni rincorrersi nel sangue dell'oblio.

Sono arrivata mentre ogni gesto

perdeva profumo ed innocenza

e mille volti oscuri e sconosciuti

spingevano carezze sulla pelle.

Sono rimasta sola ad aspettare

la fine di una storia non voluta

mentre una sorda ribellione

cresceva nelle vene palpitanti.

E adesso sono cristallo di fanciulla

senza sogni, crisalide che attende

la sua forma, tra odori accecanti

e fiori appassiti nel giardino.

Ma la speranza profuma ancora

di viole delicate tra le erbacce

e la mia terra ha i colori della sera

dentro i miei occhi dischiusi di bambina.

 

 

Menzione d'Onore

4° classificato

Giancarmine Fiume

con la poesia

"Falena"

 

Il rumore dei passi sull’asfalto

mi riporta alla vita,

ad un lungo salmodiare di macchine

nell’odore di lattice e benzina.

Ho le scarpe nuove, rosso laccate,

sigarette e cellulare,

solo un battito nel petto

a scaldare il mio sorriso

ché nel buio posso solo intuire

l’ingordo strisciare di sguardi

come coltelli.

Freddo, fari, marciapiede,

un lampione che proietta

vecchie ombre cinesi senza sonoro

nel parcheggio dietro al cimitero

dove, come una falena,

io vivo e muoio ogni sera.

Ora le promesse di un altare,

di organza e biancospino si schiantano

come detriti tra le nude cosce

in un lento precipitare di amanti

aggrappati al mio timido seno

che rovistano tra le macerie

di un amore in comodato.

Ancora un ultimo istante

per raccogliere ciò che resta,

poi dentro la pioggia un sordo lamento.

 

Quel pianto è il tuo, quel pianto è il mio,

non è di nessuno: è il pianto di Dio.

 

 

 

Menzione di Merito

 

Marco Iemmi

con la poesia

"Universi disconnessi"

 

Mi sveglio ed ogni giorno è uguale all’altro

non credo nel passar delle stagioni

non conto i mesi e neppure gli anni.

Mi sveglio e vado a fare colazione,

m’attende latte freddo e tre biscotti.

Riconto le piastrelle che ho pestato,

al centro, perché fuori puoi cadere,

non son sicuro, meglio non sapere.

Terrore, è la paura dell’ignoto.

 

Mi vesto sempre nello stesso modo,

mi sembra di sfoggiare una divisa,

indosso sicurezza in monocromo.

Mi sento molto amato dai miei cari,

non riesco a ricambiare ad alta voce,

non riesco mai a fissare i loro occhi

dicendogli che anch’io gli voglio bene.

L’angoscia mi consuma nel profondo,

comincio ad agitarmi … a ciondolare…

 

Adesso chiudo tutto! Il mondo è fuori!

 

Mi calmo piano smetto di tremare,

riprendo lentamente compostezza,

cercando di fissare con fermezza

i giochi riordinati tutti in fila

sul piano del mio cardine mentale.

Di tanto in tanto visito dottori,

la chiamano la Sindrome di Asperger.

Mi chiedono di cose e non capisco,

mi chiamano per nome e non li guardo…

 

Siam figli d’universi disconnessi,

satelliti dispersi senza meta,

che tracciano malinconie latenti,

tragitti di galassie parallele.

Adesso chiudo tutto!  Il mondo è fuori!

Riconto le piastrelle che ho pestato,

al centro, perché fuori puoi cadere.

 

 

 

Maria Francesca Giovelli

con la poesia

"L'ultimo petalo"

 

(Ad un madre, Kiev marzo 2022)

 

La pancia piange lacrime di sangue

che segnano la neve di rossi ciclamini,

il respiro scava nel mio volto esangue

nel sogno interrotto di altri bambini.

 

Ma il mio grumo d’amore cerca la vita

e scalpita ancora e batte sul cuore

si aggrappa all’anima così tanto ferita

esplode violento, ma senza rumore.

 

E ondeggia nel corpo tanto segnato

sulla barella nel buio che corre;

le mani sul ventre a tenere aggrappato

quel dono di carne, d’ acqua che scorre.

 

E vedo la vita, regala il suo fiore,

l’ultimo petalo chiude il mio tempo

rosso di vita, d’attesa e d’amore,

un soffio soltanto nel gelo del vento.

 

 

 

Luciano Giovannini

con la poesia

"At the end of the night"

 

At the end of the night le sfiori la mano

e quel viola che scorre sotto le tue dita

ti sembra solo il gioco crudele

di una troppo sfuggente vita.

Ma il tempo no,

non lo puoi proprio fermare,

e allora ti aggrappi ad una foto ingiallita

dove eravate lei donna e tu bimba,

colmi di sogni e di dolci sorrisi,

di strade percorse con le scarpe inzuppate,

di odori di cibo e di lacrime amare.

Non deve finire

ma lo sai già che così non sarà,

come quando arriva settembre

e malgrado quel sole comprendi

che prima o poi la pioggia

…cadrà.

 

 

Francesco Di Ruggiero

con la poesia

"Heram"

 

…“Heram, heram” (“peccato, peccato”)

come un’eco le urla

si moltiplicano investendomi.

Sono circondata, la folla è inferocita,

aizzata da una legge che mortifica la donna.

Crudele la sentenza: lapidazione per l’adulterio.

Può avere confini l’amore?

Il cielo già grigio perde ogni colore.

L’aria si fa satura di violenza,

l’odio immotivato incalza.

“Non c’è perdono nella nostra fede?”

Sono sola a pregarLo:

“Allah perché taci questa ingiustizia?

Come posso credere che il loro zelo per la legge ti faccia onore? “

Il silenzio sta per scendere, ancora… “heram, heram”.

Le pietre lanciate fanno male,

ma è il cuore che sanguina.

Vedo la mia gente prigioniera di un’idea,

succubi di una fede manipolata.

Cerco una ragione che non trovo, non si può morire così

Sono sola a raccogliere pensieri,

mentre il respiro si accorcia, la morte più vicina.

Il dolore che provo non diventa piacere per chi lancia pietre,

nessun gemito mi esce, sono morta dentro

da quando mi hanno presa.

Il mio corpo nella polvere diventa domanda:

“La legge vale più della vita?”

Un leggero vento ferma il tempo…

Anche per te Allah oggi… E’ una sconfitta d’amore.

                            

 

El Quaim ottobre 2006

lapidazione di una giovane di 22 anni

 

 

 

Bruno Coveli

con la poesia

"Casa mia (ritorno al paese)"

 

Da secoli che sembrano ieri passeri incantati d'amore

gonfiano di paglie e piume

tetti dai coppi ormai fradici di tempo e di sole

rincorrendo stagioni avare.

Nel vuoto assoluto del meriggio assolato

gocciolante di sudore antico

fontane mute giacciono vuote all'angolo della via

ove polvere sottile mossa per brevi istanti da giri di brezza

incrosta volti quali maschere arcaiche

cariche di passato remoto e nostalgia.

Disperato cerco allora sfogo alla paura di solitudini affioranti

nella sarabanda dei pensieri urlanti.

E vado ad incontrare un suono di voce umana

mentre nei dintorni si manifesta un nulla puro

concretizzandosi nel frinire di una cicala

appena giunta sul muro.

Eppure lì al paese dove adesso vago

mura di calce e sassi

nascondono il mio pianto bambino

e l'ombra sbiadita dei miei passi.

E mi pare di udire dalla finestra aperta sulla valle

accarezzata dal fico

       la voce dolce di mia madre che chiama il mio nome

e sorrido mentre arrivo alle scale di pietra di casa mia 

 intrisa dell'odore degli avi

 rimasto nel tempo ad aleggiare

   tra spine di melograni, ebbri di fiori scarlatti.

     Chiudo gli occhi e vivo per lunghissimi istanti

   il film delle mie disperate illusioni

   e giro la guancia sfiorata di brezza

   nella strana attesa di un'improbabile carezza.

 

 

 

Assuntina Marzotta

con la poesia

"Scarpe rosse, come petali sparsi"

 

Le tue parole, nettare e veleno,

incanto o sortilegio per soffocare il cuore.

Frammenti di “perdono”,

lo spazio di un respiro,

quando il respiro manca

ghermito da una morsa.

L’anima arranca su barricate oscure

e fessure di pareti acute,

roventi come piombo fuso,

in gola l’arsura, graffi di fuoco le carni.

E in quell’abisso

la bocca che prega e lamenta,

bocca di luna spaccata,

l’anima stanca, inchiodata,

codice arcano e sentenza.

Furono squarci di cuore e pugnali,

parole scandite di sangue,

parole e silenzi e condanna,

come grida taglienti sui letti di canna

e tormenti e catene,

come schiava bottino di guerra.

Ero nata per essere gioia,

ma anche aroma di fiori

e fragranza lieve di mandorlo,

su arabeschi di vento.

Sono fiore che dischiude la terra,

ho piedi scalzi tra filari di tigli,

scarpe rosse come petali sparsi,

la mia anima è nenia di vento,

ciò che resta di un massacro d’amore.

 

 

 

Emanuela Antonini

con la poesia

"Un dolce sorriso"

 

Nel cielo del mistero, la vita tesse trame di follia

schizzi neri si azzuffano nella tua mente

quando vaga senza più una meta.

All’improvviso… caos

ricordi nell’oblio.

Perso nel labirinto di un destino crudele

volteggi in una nuova dimensione,

su un aquilone vola la tua mente

in un mondo senza più memoria,

senza più ricordi.

Orizzonti obliqui fissano un solo punto

ma si animano quando uno spiraglio di sole

illumina la tua mente, l’attimo è breve

come l’illusione di chi ti sta accanto,

il pensiero giace nel letto del silenzio

e la tua voce rimane muta.

Niente è più come prima.

Una lacrima scivola sul mio viso

il dolore preme sul cuore,

mi domando se tra veli di memoria 

ricordi il tuo nome, il mio, quello dei tuoi cari,

se rievochi le nostre risa, i nostri giochi

se riesci a unire fotogrammi di una vita in pezzi.

Un sipario sulla nostra vita scende

nella triste oscurità del non ricordare

muovi i tuoi passi in solitudine,

la tua voce continua a rimanere senza eco

per ascoltare solo il suono del sentire,

come un bambino indifeso sorridi,

un dolce sorriso, senza sapere il perché.

 

 

 

Guido De Paolis

con la poesia

"L'ultima finestra"

 

Giù, nel borgo antico del mio paese

dove la nebbia profuma di camino

e appaiono soffuse le finestre accese,

d’incanto mi ritrovo immerso

in un mondo che credevo di aver perso.

 

Muri vecchi, case antiche

che trasudano di indicibili fatiche,

e dentro, le massaie che aspettano il marito

per ripeter della cena il sacro rito.

 

È quasi ora.

 

L’ingiallita luce del lampione

dà volto al mulo affaticato

che con i suoi ferri suona sul selciato

e il contadino curvo su di esso

la stanchezza di una vita porta addosso.

 

È ora.

 

La campana di San Biagio

scandisce le ore lente

strappate dal passato e portate nel presente,

ognun s’avvale del suo dolce suono

anche per andar da Dio, a chiedere perdono.

 

È passata l’ora.

 

S’è fatto tardi,

e l’idea del distacco mi genera tormento.

Nulla s’ode più, a parte il vento.

 

I piedi vanno ma il cuore resta

fino a quando non s’è spenta l’ultima finestra.

 

 

  

Sara D'Aniello

con la poesia

"L'Alzheimer"

 

Nonna,

lo so,

fa male.

Fa male amare una persona

e non sapere chi sia.

Ed essere baciata dalle stesse labbra

per te diverse.

Fa male vedere intorno gente di una vita

appena conosciuta.

Fa male non saper di diventare,

ma essere solo nel momento.

Fa male, lo so, vivere di ricordi instabili,

un po’ accartocciati

che il vento porta via dalle tue radici con foga.

Nonna, lo so che

per te siamo solo sagome di

treni partiti per sempre

e tutte le emozioni che hai provato

sono rotaie spezzate.

Lo so,

nella tua mente siamo solo ombre grigie di forme vuote.

Lo so,

fa male non sapere di aver vissuto,

ma io nel tuo sguardo

vedo ancora tutti i nostri ricordi,

ricorderò e vivrò anche per te nonna,

promesso.

 

 

Sezione B) FOTOGRAFIA

 

1° classificato Massimo Spagna

con l'opera "Bastava poco"

 


 

 

2° classificato Nicola Claudio Palermo

con l'opera "tutto in uno sguardo"

 


 

 

3° classificato Biagio Fortini

con l'opera "Amori chiusi nel silenzio"

 




Menzione d'Onore

 

4° classificato Massimo Spagna

con l'opera "Ancora una volta"

 


 

 

5° classificato Nicola Claudio Palermo

con l'opera "tutto il mio mondo"

 

 


Segnalazione speciale

 

Massimo Spagna

con l'opera "Spezzar quel silenzio"

 

 

 

Nicola Claudio Palermo

con l'opera "tutto in un abbraccio"

 

 

 

Menzione di Merito

 

Mariana Filipova

con l'opera "Natale low cost"

 

 

 

Mario Aliprandi

con l'opera "Spigolando"

 


 

 

Gennaro De Falco

con l'opera "i politici col naso lungo"

 


 

 

Emanuele Stochino

con l'opera "Space shuttle sui generis..."

 

 

 

Ubaldo Busolin

con l'opera "Emigranti"

 


 

 

Sezione C) HAIKU

 

 

1° classificato Daniela Misso


 

così leggeri

da sfiorare i miei sogni ... 

ciliegi in fiore



 in premio la pubblicazione della raccolta di haiku CILIEGI IN FIORE (in copertina un dipinto del Maestro Carlo Cordua) edito da Edizioni Accademia Barbanera 2023



e la realizzazione della videopoesia
a cura di ImmagineArte
voce narrante Rodolfo Vettor 



 

2° classificato Carmela Marino


 

luna crescente-    

dopo il primo passo     

il secondo passo

 

 

3° classificato Maria Teresa Sisti


 

giorni perduti -    

silenzioso il ritorno      

delle lucciole

 

 

Menzione d'Onore

 

4° classificato Ornella Vallino

 

Fiori di pruno -  

s’è vestita di bianco   

la luna piena

 

 

5° classificato ex aequo Maria Teresa Piras

 

separazione -  

cadono e si disfano   

fiocchi di neve

 

 

5° classificato ex aequo Caterina Levato

  

sogni di bimba…  

troppo breve la vita   

di un papavero

 

 

Menzione di Merito

  

Cinzia Pitingaro

 

neve su neve-   

il suo capello bianco   

sulla mia foto

 

 

Felicita Ciceri

 

Tempo d’autunno   

sospesi come foglie   

i senzatetto

 

 

Mauro Battini

 

com'è esile  

quella rosa di maggio -  

tratti di mamma

 

 

Paola Ercole

 

soffio di vento-    

il profumo del fieno      

nelle narici

 

 

Rosa Maria Di Salvatore

 

rosa appassita -     

un amore lontano     

chiuso nel cuore

 

 

Gino Ghioni

 

Nell’alba grigia    

una rete da pesca     

gocciola vuota

 

 

Nadia Vitali

 

il petricore-    

sulla spiga bagnata    

la coccinella

 

 

Sezione D) PITTURA

 

1° classificato

Sergio Riviera con l'opera

"trasparenze tra le rocce"


 

e copertina dell’Antologia del Premio:

 "UN GIARDINO DA VIAGGIO" 

Edita da Accademia Barbanera

 



2° classificato

Albino Caramazza

con l'opera "Sognare si può"

 


 

 

3° classificato

Adriano Ruzzene

con l'opera "Radura"

 

 

Menzione d'Onore

 

4° classificato

Simone Cigni

con l'opera "L'amour"

 

 

5° classificato

Rosanna Romano

con l'opera "La fine della vita"


 

 

Menzione di Merito

 

6° classificato

Simone Cigni

con l'opera "Stupro"

 

 

7° classificato

Volker Klein

con l'opera "Arte è lavoro"

 

 

8° classificato

Cristina Giovannucci

con l'opera "passeggiate di fronte all'oceano"

 

 

9° classificato

Giovanni Gugliuzza

con l'opera "charme"


 


10° classificato

Patrizio Orrù

con l'opera "La laguna"



 

 

Sezione E) VERNACOLO

 

 

1° classificato Alfredo Panetta

con la poesia

"Vermu, vermi"

 

Verme, vermi

 

 Ngrugnatu nta quatthru zolli ‘i falaccchi

(e mi viditi d’i macigni chjini ‘i purvari

d’a hjiumara, puru vu d’i grattacieli

d’i vithra grastijati) sugnu ccà a sfiorari

i ligna d’a vostra cruci, a cogghjiri

i pili du crapettu chi vi sgranastavu già.

 

È tuttu u mè ccani, nta grutta d’i nosthri avi

tegnu ncatinatu u porceju pe’ missioni

u lìbbaru d’a sò avidità, u civu ‘i gghjianda

e fogghji ‘i strofficeji ‘i hjiumara, riganu

chi nnetta u nasu pistatu, nnettu i sò ricchji

cu ciuffi d’amaranthu. Esti u mè u ficu chi

nnaffia ‘i latti i malipenzeri, mè i rispiri

c’u camphu teninta doppu di l’aratura.

E mi sentu Ddi a ogni singazza

chi lapri i premona è mè spili.

 

Nci misi paghura l’atthra matina a ddu amanti

non capita ò spissu u si resta accussì, facci a facci

cu ‘n mortu chi si scava a fossa. Fermi fermi

muti, ddu vermi p’a prima vota nnanzi all’Assolutu.

          Mani ossuti dassati siccari supa a n’armacera

  u ndi dici quant’è vivu, hjiurenti

         stu cuvu di serpi chi l’omu d unenti crijau.

 

 

          *Questa è la confessione del carceriere di un sequestrato

            caduto nelle mani dell’anonima sequestri calabrese tra

             gli anni 60 e gli anni 90

 

 

2° classificato Enrico Sala

con la poesia

"Soeu i pedann de Segantini"


 

Sulle orme di Segantini

 

La regoeuj i ansi, incoeu,

'sta tauloza lumbarda

de passada civiltà paisana

naufragada in del mar Gerundo.

Toeutt el par capitaa.

Gh'è poeu nanca un stecaa

a divid i pàscul stemperaa

da un' aqua infètta, intant

che un grîs ceel de utùber

el vultìa soeu la pianüra

scunsacrada da scheletri

de fàbrich bandunaa, la gió,

duè prima creseva ul furmènt.

E la suna poeu la dumenega

in di piazz ingenügiaa al voeuj di gees,

ma se sent dumè un lameent,

dulz e undulaa che dal San Prém,

el scorr tra i spund del Lamber:

“Brianza...

 Brianza...

Brianza...”

ültim rantech de fiaa a pizzà

la smurterìa del traburnii.

   El par che la toeu in gîr, luntàn, l'Isula di Cipress.

     E intanta che su la pianura calen i dé del fà,

      forse gh'è amò teemp per turnà a cuntemplà

 

 

3° classificato Alessio Baroffio

con la poesia

"Ta speciu"

 

Ti aspetto

 

Ta speciu

in di albi incendiò

pitürò d’òria

da immurtòl suspir,

in di fòr sulitòri

ca i sfidan abìss

da zerbi rimpianti.

Mi sùn

öltar i scès da spin

due al ciòr da a lüna

treman gris fantòsmi

da bòs rubò,

sui strà störti

due paröl svanì

sa incrusan pìgar

grüpi da puesia.

Ta speciu

in di riverbar da a viva fiòma

due sa fürman sempar

i scundü desideri,

in da tranquila pòs

da stanzi senza mür

due sa sdròian eterni sogni.

Fermas nö

su i tö ciòr lòcrim

stramì e nascundù,

dadrè a mantei d’òcqua

o in di rüghi südò

scavò dul piantu

in da a tela dul tempu.

In dul cantu da a primavera

cal pörta culurò petal 

tül pien da speranza,

ta speciu.

 

Menzione d'Onore

 

 

4° classificato Luigi Lorenzo Vaira

con la poesia

"Col basin a mia mare"

 

Quel bacio a mia madre

 

 Da soens am artorno ʼn ment cole matin

quand ch’im setava dacant al cadregon

ch’a l’ambrassava con ij sò cussin

coma ch’i vorìa fé mi, sensa ess-ne bon.

 

Im arcòrd ël përfum ëd polid ëd soa pel,

ël dissegn ëd la boca, ëd coj sign precis,

ël color dij sò euj celest parèj dël cel,

ma dzortut i peuss nen dësmentié col soris

 

ch’a l’ha fame carëssand-me la man

quand che, sbaliand a ciameme për nòm,

ant j’orije a l’ha bësbijame pian pian:

 

«I son pròpe contenta ch’it sie mè òm»

e mi i l’heu posà un basin sij làver ëd mia mare

për deje l’ilusion ch’a-i fussa ʼncora mè pare.

 

 

5° classificato Adriana Scagliola

con la poesia

"Vent d'estaa"

 

Vento d’estate

 

On vent barabba e margniffon brontóla

d’infra i giardin sbiavii de la caldàna,

l‘ sgarbèlla i fior, l‘ scorlìss i scimm di piant.

Volen i passarìtt de la paura:

tornen de prèssa a scondes in del nid.

El ragn el fa sù i gropp e  ‘l scurta i fil

per rintanass nel mèzz de la ragnéra.

El boffa fòrt el vent, poeu el tas,

el ciappa fiaa e de corsa (balossètt!)

‘l trà biòtt e ‘l sperluscia i proeus di ròs,    

e a l’erba verda la ghe fa i galìtt.

Bislacch e on poo bisient

el despettèna i pagn sora a on poggioeu:

va’ che el sgoratta in l’aria on scalfaròtt!

S’giacchen i gelosii ‘me battiman,

se inversen sora i scòss vas e tolìtt.

Tacca a tronà subit adree a on stralusc.

E finalment el sòffegh che inlocchìss

el sbaggia insognorent de nascondon,

slisa dedree di nivol faa a monton

per lassà el pòst ai sbròff d’ona daquada.

Tossìss el ciel, sternùda di gotton:

‘me lacrim de bagài senza bellee.

 

 

Menzione di Merito

 


Fabio Tinalli

con la poesia

"La vita"

 

La vita

 

Un mozzico, ‘na ggiostra, ‘n carnevale,

un treno che nun piji, un mare mosso,

un core appresso ar tempo, a più nun posso,

un aspettà che passa er temporale.

Un friccico a la panza da sta’ male,

un chiude l’occhi pe zompà da ‘n fosso…

e poi, la gioja, che te casca addosso,

quanno capisci, in fonno, quanto vale.

La giochi da che nasci ‘sta partita,

co l’artri giocatori tutti ‘ntorno,

a fatte compagnia fino a la fine…

E, si è ‘na rosa, certo cià le spine,

ma doppo sboccia, e quanno viè quer giorno,

te l’accarezzi, piano, co le dita,

perché, questa, è la vita…

bufere incasinate, e tempo brutto,

ma poi, te guarda, ride…e scordi tutto…

 

 

 Angela Cristina Broccoli

con la poesia

"La stòria de mì e de ona grana d'uga"

 

La favola mia e di un acino d'uva

 

 Te séret on garzoeu, in ona primavera di temp indree

e fòrsi anca mi in ona gioinèzza passaa.

Sora i tròs rampeghin, crespaa la rùsca

tì ninaa da la bròcca de vid

mì un butt fra i gioeug in del cortil

in la qùiett de la vigna o el gibillee de la città.

Sugava el sô teved de l'autunn

la caragnada di sghiribizz,

la scighera e i gottin de rosada.

Sèmm vegnii sù, mì dona e tì on dolz borlin madur

 taccade sù a ona sgrazza,

fil de sògn e ragnere de speranze.

Allora la vita la me catta sù, ona man la fà vendèmmia;

inscì el tacca el viagg in ona cavagna

o tramvai pien de gent.

On liquid prezios da ti el sortis;

denter la me anema e istèss in la tina

rebuisen giòia e lòja, fastidi e sorris

ridade e arlii, amor e sentiment confus.

Son mai riessii a spartì el most dai tegasc,

el ciar da la scurità, el desideri dai delusion

a fermentà per famm vin amabil

da voià giò in di caliz de un primm de l'ann,  

vin ch'el buscia per i brindes pussee allegher.

E chi sà se insèma vegnerem vègg  

fra i mur de ona cà, el lègn de la bott.

          Poeu per la sòrt sarèmm tucc e duu...asee

robust e agher per el gust

ma pronte a condì i dì de la vita

la scampagnada de on ferragost

               a chi el sarà bon de toeu via el buscion

e la polver da la bottìglia.

 

 

Gaudenzio Vannozzi

con la poesia " Lancillotto der lago "

 

Lancillotto del lago

 

Ssò Llanccillotto e cqui cciò ccasa e llago,

io sò dd'Artu' er fido cavaggliere.

Bazzico Fate e ppoi conosco un Mago

che ccià una Dama come carceriere.

 

St'istoria ciavrà ppuro un cche dde vago,

e ppoche sò le cose che ssò vvere.

Ma ccò le donne io sò ssempre un drago

e cquesta è ttra le storie più ssincere.

 

Cusi Gginevra, cuanno che ll'ho vista,

che ddevo di'? Cce sò rrimasto secco.

Ma cquanta  robba! Mica cartapista...

 

Lo so cch'era Reggina però ... ecco,

la sciccia è cciccia e io nun zò araldista.

Lo rifarebbe ancora si cciazzecco.

 

Ma senza fà gnisun salamelecco

resto fedele ar Re ... cc'ho ffatto bbecco …

 

 

Mariangela Ruggiu con la poesia

" No timas, cras at a bennere"

 

Non temere, domani verrà

 

No timas, cras at a bennere

e custa notte at a passare

 

ma como pro a tie est sempre mesanotte

e custu chelu no azzendet sos isteddos

 

como su coro tou est nieddu ‘e piantu

e sas lagrimas current che abba a mare

 

no est sa morte chi giughes in ojos

no est chi mi lassas sola in custu frittu

 

mi dolet chi no ti poto leare

mancu un alenu de custu dolore

chi ti leat su coro e ti lassat truncadu

 

non bi at peraula chi sia cunfortu

non bi at costazu chi siat appozu

 

ma accosta a mie, sa lughe si pesat

dae sos ojos serrados, albeschit sa die

cando semos a manu afferrada, tue e deo

 

 

 

Vincenzo Ricciardi

con la poesia

"l'isula - abbentu"

 

l’isola - pace

 

annotta, agghiorna

brisci, scura

ghiovi, scampa

 

e sempri e sempri

stiddi e diavuli

pici e stuppa

stu mari manciaterra

stu sapuri di ferru, di fèli

stu sali ‘nto pettu

 

- isula, isula

unni sì sempri vivu e sempri mortu

 

campamu cu i fantasimi

arredi u muru videmu

l’aria di prima

sutta u cimentu sentemu

a terra ‘i prima

 

avant’o specchiu ‘nta facci

nni cumparunu centu

e nui stissi semu fantasimi

pi nui stissi, u nomi è n’ autru

a vuci non è chidda, ‘i cu sunnu

sti occhi?

 

Oh picciridda, pupitta di zuccaru

ca  papà mi ghiami e mi carizzi

e non vidi ancora

comu intra aju

l’ossa di chiddi prima ‘i mia

comu stu cori camina

cu lu ciatu di iddi

 

pi chistu, giuvàu u me cori

p’allegrari

pi scurdari e perdunari

 

cu fummu, cu avemu statu

nta quali autri un pocu

buscammu abbentu.

 

 

 

Sezione F) POESIA IN LINGUA STRANIERA

 

 

1° classificato Davide Rocco Colacrai (Italia)

con l'opera

"Christus mit Geige"


 

 

Ich spüre die Welle die über das Zusammentreffen meiner

letzten  Herzschläge wacht

mit ihren Variationen von Blau

wo es keine Rückkehr gibt,

meinen Namen der sich zu einem Pentagramm ausdehnt

für die Kreaturen die den Himmel erwarten,

den Horizont der über die Leere schreitet

 bevor er sich in Nostalgie wandelt,

den Tag der keinen Kurs hat

und den Augenblick in dem schwebend wie ein Tropfen

ich mich ein Traum lassen werde.

Ich bin ein Christus der eine Geige als Kreuz hat,

 seine Saiten mein tägliches Brot,

seine Stimme meine Vergebung,

leicht wie Muschelstaub  lasse ich mich mitreißen wo die Seesterne

Blumen die von Liebe singen sind

und die Welt eine Skizze ist, die aufgehört hat, zu brennen,

gekentert im Schattennetz das funkelt

und wattiert wie der Wunsch nach einer Liebkosung

welcher ein Wunsch bleibt.

Ich fühle meinen Körper fließend, ohne Tauwerk, und rein,

fast wie eine Träne, die auf den Fingerspitzen des Meeres

tropft während die Sonne ihren Strahl färbt

welcher mich trifft

und ich finde mich selbst wieder wie ein Bräutigam

ohne Versprechen und ohne Anzug

ein Albatros aus Nebel der sich durch die Welle anspannt,

wo die  Erinnerungen noch nicht geboren sind

und die Augen schweigen

während die Finger ein Echo meines Landes prophezeien.

 

Cristo con violino

- dedicata a Baris Yazgi -

 

Sento l’onda che veglia sull’incontro dei miei ultimi batticuori

con le sue variazioni d’azzurro

dove non c’è ritorno,

il mio nome che si allunga in pentagramma

per quelle creature che attendono il cielo,

l’orizzonte che sconfina nel vuoto

prima di essere nostalgia,

sento il giorno che non ha rotta

e l’istante in cui sospeso come una goccia

lascio farmi sogno.

Sono un Cristo che ha per croce un violino,

le sue corde il mio pane quotidiano,

la sua voce il mio perdono,

leggero come polline di conchiglia

mi lascio trascinare dove le stelle marine

sono fiori che cantano l’amore

e il mondo è uno schizzo che ha smesso di bruciare,

capovolto nella tela d’ombra che scintilla

e ovattato come il desiderio di una carezza

che desiderio resta.

Sento il mio corpo liquido, senza sartiame,

e assoluto,

quasi una lacrima che scivola sui polpastrelli del mare

mentre il sole dipinge il suo raggio

con cui mi trafigge

e mi ritrovo sposo senza promessa e senza vestito

un albatro di bruma che si tende oltre l’onda,

dove i ricordi non sono ancora nati e gli occhi tacciono,

mentre le dita predicono un’eco della mia terra.

 

 

 

2° classificato Francisco Azuela (Messico)

con l'opera

"El rostro en el cuadro"

 

A los poetas presos de Chile

 

 Luz y sombra,

herida y olvido,

la tarde crece hacia adentro

como el rostro en el cuadro,

desalentado toma formas distintas,

trozo de vida,

barrotes y tortura.

 

La sombra se perfila en la intimidad del horizonte,

luz de esperanza duerme lejana otra noche,

el grito y el ojo lloran

y una estrella se rompe en la mirada,

el rostro herido gira sobre la tela

en un color que se apaga,

quiere hablar y no puede,

la celda es angosta,

el frío intenso,

la soledad suena como moneda hueca.

 

Así,

cada mañana

alguien deja un lienzo rojo

sobre el rostro del cuadro para ocultarlo,

a través de la luz que aparece un instante

los ojos del poeta preso

invocan la libertad

y un color más intenso

trasciende el silencio.

 

Ya no tocarán tus sueños

poeta del viento prisionero,

dejo estas piedras preciosas

para que abras la puerta de tu celda

en el ojo del cóndor.

 

                                                                                           

  Il viso del quadro - A tutti i poeti prigionieri del Chile

 

Luce  e ombra,

ferita e oblío,

la notte cresce verso l’interno,

come il viso nel quadro,

allentatosi prende forme distinte,

pezzetto di vita,

sbarre e tortura.

 

L’ombra si profila nell’intimitá dell’orizzonte,

luce di speranza dorme lontana un’altra notte,

il grido e l’occhio piangono,

e una stella si rompe nello sguardo

il viso ferito gira sulla tela,

in un colore che si spegne,

vuole parlare e non puó,

la cella é stretta,

il freddo intenso

la solitudine suona a moneta bucata.

 

Cosí,

ogni mattina

qualcuno lascia una tela rossa

sul viso del quadro per nasconderlo

attraverso la luce che appare in un istante

gli occhi del poeta catturato

invocano libertá

e un colore più intenso

trascende il silenzio.

 

Non toccheranno ora

i tuoi sogni

poeta del vento prigioniero,

lascio queste preziose pietre

affinché apra la porta della tua cella

nell’occhio del condor.

 

La Paz, Bolivia 29 luglio 2005.

Traduzione Spagnolo a Italiano: Dra. Giovanna Dessí

Directora Académica Società Dante Alighieri

Comitato di La Paz, Boivia

 

 

3° classificato Ruth Joy Darling (Filippine)

con l'opera

"Sir, Can You Hear Me?"

 

This poem is about a child who died in a landslide that happened in Philippines in the year 2018. The picture of his foot sticking out from underneath the debris is the ionic image of that tragic event.

  


Sir, can you hear me tapping?

Please tell me that you can

My voice is so long gone now

I'm just a child, not yet a man

 

I'm scared of the dark, so afraid

Underneath this debris, so close

Beside me are my parents

They're both dead, I suppose

 

I am getting weak, you see

But I got to see the light.

Please hurry up, Mr. Savior

Don't give up without a fight

 

I want to be a policeman yet

To fight against all wrongs

But I am becoming weak now

Yet I know I must be strong

 

It is so cold and damp here

I wish my fear would go away

I am desperate to stay alive

Will I get to see another day?

 

 

Signore, mi senti?

  

Questa poesia è dedicata ad un bambino morto in una frana del 2018 nelle Filippine. La foto del suo piede che spunta da sotto i detriti è l’immagine iconica di quel tragico evento.

  

Signore, mi senti picchiettare?

Per favore dimmi che può

La mia voce è svanita ora

Non sono un bambino ma

Non sono nemmeno un uomo.

 

Ho paura del buio, tanta paura

Vicino a me nei detriti qui sotto,

Ci sono i miei genitori accanto

Sono entrambi morti, suppongo

 

Vedi, sto diventando debole

Ma voglio scorgere il bagliore.

Per favore, sbrigatevi, non mollate

per un istante signor Salvatore

 

Voglio diventare un poliziotto

Per combattere le cose storte

Ma ora sto diventando debole

Eppure so che devo essere forte

 

Vorrei andasse via la mia paura

Fa così freddo ed è umido qua

Sono disperato, vorrei tanto vivere.

Riuscirò a vedere un’altra alba?

 

- traduzione a cura di Irma Kurti -

 

 

 

Menzione d'Onore

 

 

4° classificato Mehdi Krasniqi (Kosovo)

con l'opera

"Për luftën flasin"

 

Për luftën e di mirë trupi i ushtarit

dhe plagët që akoma rrjedhin

flasin plumbat që ndryshkën në trup

dhe ndjellin vdekje sa herë merr frymë

a bën përpjekje ta shikojë përmallshëm

oborrin e shtëpisë.

 

Për luftën flasin

ushtarët me gjymtyrë trupi

të amputura

dhe varret e dëshmorëve

mbuluar me buqeta

lulesh në përvjetor.

 

Flasin padiktueshëm  eshtrat e njerëzve që

s'u gjetën as kur liria delikate nën pezmin e përbuzjes

nuk e mbajti fjalën që e pati lidhur për kokë

por varrosi emra dhe jo kufoma lëndinave

të pikëllimit ku nënat zemërshkelura qajnë me zë

dhe flenë mbi varre të zbrazura. 

 

Për luftën ne mbajmë zi

dhe nuk bëjmë gjë tjetër

përveçse luftojmë njëri-tjetrin

dhe festojmë për fitore

të humbjeve të mëdha.

 


PER LA GUERRA PARLANO

 

Per la guerra parlano

il corpo del soldato e le ferite

che continuano a gocciolare.

 

Parlano di essa i proiettili

che arrugginiscono nel corpo

ed evocano la morte ogni volta

che lui respira o cerca di guardare

con nostalgia il giardino di casa.

 

Per la guerra parlano i soldati

con gli arti del corpo amputati

e le tombe dei martiri ricoperte

di mazzi di fiori negli anniversari.

 

Le ossa delle persone che non sono

state trovate parlano senza distinzioni

anche quando la fragile libertà

sotto la furia del disprezzo

non ha mantenuto la parola d’onore,

seppellendo nomi e non cadaveri

sui prati del dolore. Le madri affrante

piangono lì ad alta voce mentre

dormono disperate sulle tombe vuote.

 

Per la guerra siamo in lutto

e non facciamo nient’altro

tranne combattere l’un l’altro

e per le vittorie delle grandi

sconfitte noi festeggiamo.

 

 

Menzione di Merito

 

 

5° classificato Huguette Bertrand (Canada)

con l'opera

 "Itinérance"

 

Il pleut de leurs yeux

des averses

sur le sol piétiné

par tant d'errance

que même les fleurs

se prosternent

au passage de leurs pas usés

 

oubliant la faim la soif

et la boue

leur espoir s'entraîne

pour la course européenne

et même américaine

jusqu'au fil d'arrivée

devant les barbelés

 

il pleut aussi d'une ile à l'autre

dans le regard des enfants abimés

ne leur reste que les fleurs

et la boue pour s'amuser

  

Vagabondare

 

Dai loro occhi

scende una pioggia di lacrime

sul suolo calpestato

da tanto vagabondare

che anche i fiori

si prostrano

al passaggio dei loro logori passi

 

dimenticando la fame e la sete

e il fango

la loro speranza si impegna

per una corsa europea

e anche americana

fino al punto d’arrivo

davanti al filo spinato

 

anche da un’isola all’altra piovono lacrime

dagli sguardi dei bambini maltrattati

non restano loro che i fiori

e il fango per giocare

 

Translation by Lidia Chiarelli, Italy

 

 

  

6° classificato Sahar Ajdamsani (Iran)

con l'opera

"Dreamy world"

  

Take me to the place where poetry even does not 

To that pleasant distant place of dream 

Where all birds are free and cage is an unfamiliar word

That can’t be find in a dictionary

To the place where homeland is as vast as the whole universe

And all the lines on the map are stripped

That close distant

In which black butterfly is as elegant as the white one

There, that dream land

In which kindness is the outset speech of morning and

Love is running in all rivers

The place in which you and I are brothers

And no weapons are born

And rage and hatred are unknown and extinct

Hold my hands and take me to beauty land

In which the song of peace, friendship and equality

resonates in all temples.

  

Mondo onirico

 

Portami nel luogo in cui la poesia non può

A quel piacevole lontano posto da sogno

Dove gli uccelli sono liberi e la gabbia è una parola sconosciuta

Che non si trova in nessun dizionario

Nel luogo in cui la patria è vasta come l'intero universo

E tutte le linee sulla mappa vengono cancellate

Così vicino e lontano

Dove la farfalla nera è elegante come quella bianca

Lì, in quella terra da sogno

In cui la gentilezza è il discorso iniziale del mattino e

L'amore scorre in tutti i fiumi

Il luogo in cui siamo fratelli tu ed io

Dove non nascono armi

E la rabbia e l'odio sono sconosciuti e estinti

Tienimi per mano e portami nella terra della bellezza

In cui il canto della pace, dell'amicizia e dell'uguaglianza

Risuona in tutti i templi.

 


Translated into Italian by Irma Kurti

 

 

7° classificato ex aequo Jovica Đurić Major (Serbia)

con l'opera

"Opsene čas"

 

 

Kad sunce

Zapne o sečivo nebodera

U meni

Kao po nakovnju udarac malja

Zatreperi opsena

Zov frula i klepet pralja

I tik u paučini vena

Zazvoni slast uspomena

Da ljubim odsjaje.

O, ljubit zna li

Ono što tren traje?

 

U taj čas

Drhtave naslade

Gospostva i priviđenja

Međ rasutim bojama

Srce mi kameni

A duša vazdan bajalica

Nebesima sklona

Leluja bezvremena

I sanja

Zavetima sazdana.

O, sanjat zna li

Misao što kraja nema?

 

 L’ora dei miraggi

 

Quando il sole incespica

nella lama del grattacielo

dentro di me

come i colpi del martello

sull’incudine vibrano

i miraggi ondeggianti

del flauto il richiamo

lo sciabordio delle lavandaie

E nella ragnatella delle vene

risuona dei ricordi la dolcezza

Eh sì io adoro i baleni...

Ma essi che in un attimo abitano       

amare follemente sanno?

                                         

A quell’ora  del piacere tremolante

delle nebbie signorili

                  tra i colori sparpagliati                       

il mio cuore nella pietra muta   

l’anima da un incanto antico

al cielo sempre incline

tutta onddeggia eterna

E vagheggia ancora...

di voti e pensieri creata       

Ma essi che la fine non conoscono   

vagheggiare in miraggi sanno?

 

(traduzione dalla lingua serba all’italiano a cura di Vesna Andrejević)

 

 

7° classificato ex aequo Gaya Esau (Camerun)

con l'opera

"My Death"

 

When I’ll leave,

You won't see me anymore

Nor meet me

Verbs about me will only be in the past tense.

 

I will leave you your dark world

Where injustice reigns

Where rare souls are despised

Where chaos is a trusted neighbor

 

I will leave you your dark world

Where humanity is equal to an animal

Where success is in doubt

Where Men refuse the truth

 

I will leave you your dark world

Where men are lipidic

Where women are eternal seductresses

Where intellectuals are banished

 

I will leave you your dark world

Where Men live the lies

Where Men Embrace Racism

Where Men Embrace Discrimination

 

I will leave you your dark world

Where human value is in vain

Where the value of man is a punishment

Where wars are eternal

 

When I'm going to let the world

Where I'd be called "dead" everywhere

I won't regret being gone forever.

 

 

La mia morte

 

Quando andrò via,

Non mi vedrai più

Non mi incontrerai più

I verbi su di me saranno solo al passato.

 

Ti lascerò il tuo mondo oscuro

Dove regna l'ingiustizia

Dove si disprezzano le anime rare

Dove il caos è un vicino fidato.

 

Ti lascerò il tuo mondo oscuro

Dove l'umanità è uguale alla barbarità

Dove il successo è in dubbio

Dove gli uomini rifiutano la verità.

 

Ti lascerò il tuo mondo oscuro

Dove gli uomini sono lipidici

Dove le donne sono eterne seduttrici

Dove gli intellettuali sono banditi.

 

Ti lascerò il tuo mondo oscuro

Dove gli uomini vivono di bugie

Dove gli uomini abbracciano il razzismo

Dove abbracciano la discriminazione.

 

Ti lascerò il tuo mondo oscuro

Dove il valore umano è invano

Dove il valore dell'uomo è punizione

Dove le guerre sono eterne.

 

Quando lascerò il mondo

Dove verrò chiamato ovunque “morto”

Non mi pentirò di essere andato via per sempre.

 

Translated into Italian by Irma Kurti

 

 

8° classificato Andreina Trusgnach (Italia)

con l'opera

"Previc magle"

 

San zgubila marve suzi

kar smo se vracjal damu

an puno san jih požgarla pod masko

San vstajala vsako malo na vlaku

s tisto za iti telefonavat

potle san nazaj sediela pred tabo         sin

za kupe gledat čez umazane laštre

kajšan metro planje

biele od slane             uciefane od magle

Par nas sviet nie takuo

niesmo vajeni temu

par nas manku se ti na zalede sanje

v ledenin skopcu

med strašili skritimi v suhi travi

v niču ki pokriva vse reči

v telin vsemu ki se zdi samuo an pih

ki čuješ pa na moreš videt

Dost mraza sma pretarpiela

na poti pruot duomu

kjer tist edini trošt

smo se ga muorli par sile navast

za ga stuort ratat zadost

Pa vsedno

se mi nie zdeu še zadost

tud kar za no malo

se je parkazalo bielo sonce

   na toje zaparte oči an na planjo tan uone

  ki je letala proč          zmarznjeno od slane

    marznjeno od slane an šele skrito od magle

 

 

Troppa nebbia

 

Ho perso frammenti di lacrime

tornando a casa

e molte ne ho inghiottite sotto la maschera

Mi alzavo ogni tanto sul treno

con la scusa di dover telefonare

poi mi risiedevo di fronte a te          figlio

per guardare assieme oltre i vetri sporchi

qualche metro di pianura

bianca di brina         soffocata dalla nebbia

Da noi non è così il mondo

non siamo abituati a questo

da noi almeno non ti si ghiacciano i sogni

nella trappola del gelo

fra fantasmi nascosti nell’erba secca

nel nulla che copre ogni cosa

in questo tutto che sembra solo un soffio

che senti ma non puoi vedere

Quanto freddo abbiamo sofferto

sulla strada verso casa

dove quell’unica speranza

l’abbiamo dovuta giocoforza imparare

per poter farcela bastare

Ciò nonostante

non mi è sembrata ancora abbastanza

nemmeno quando per un po’

è riapparso un bianco sole

           sui tuoi occhi chiusi e sopra la pianura là fuori

che correva via               gelata di brina

  gelata di brina e ancora nascosta dalla nebbia

 

 

 

9° classificato ex aequo Mauro Baroni (Italia)

con l'opera

"Maravillas"

 

Maravillas … nombre posiblemente única para niña morena,

que hace setenta Annio,

los brazos abiertos a la atmósfera tan viva

con tributante amor apasionado.

A medida que el caballero cortés del la Mancha,

que bonita criatura,

embajador en el mundo,

de asombro, le trajo tanta.

 

Brote eras de frontera terrestre antigua

entre Europa y Ãfrica,

y que fueron capaces de inculcar en usted

las maravillas de su esencia.

La poesia del Sufi Murcia,

llevò tu amor,

al conocimiento de la verdad,

que en Amor donasti.

 

Las montañas, nido de la ciudad antigua,

donado, el entusiasmo granito en pequeña mujer,

y la espuma del mar de Alicante,

te hice un fenómeno spumeggiante.

Difìcil pero no dura mosaico colorido,

Equipaje de su viaje,

Del arte y la belleza te hizo aparearse,

Para que usted pueda permanecer

siempre joven de España.

 

 

Maraviglie … unico possibil nome per bruna bimbetta,

che settanta Primavere orsono,

le braccia aprì a sì vita frizzante

con appassionato amor tributante.

 

Come il cavalier cortese di Mancha,

graziosa tu creatura,

ambasciator nel mondo,

di meraviglia ne portasti tanta.

 

Germoglio fosti di antica terra di confine

tra Europa ed Africa,

ed esse seppero infonder in te

le meraviglie di loro essenza.

 

Del Sufi di Murcia poesia,

guidò il sentir tuo,

alla conoscenza di verità,

che in amor donasti.

 

Il monte, di antica città nido,

donò granitico entusiasmo in minuta donna

e la schiuma del mar di Alicante,

fece di te fenomeno spumeggiante.

 

Il duro ma non arduo variegato mosaico,

bagaglio del tuo cammino,

di arte e bellezza ti fece compagna,

per sempre restar ragazza di Spagna.

 

 

9° classificato ex aequo Lucia Lo Bianco (Italia)

con l'opera

"Those Clear Irish Skies"

 

I've seen paths of green

coloured with the blood from the past

and I've dreamed clear blue skies

with open walls to the painted mind.

What have men done to the colours?

What have men done to the seas?

What have men done to the mountains

which we children can't see?

I've seen waterfalls of red sorrow

flowing deeply into tormented earth

while the land passed from hand to hand

weeping crystal as a willow for the theft.

What have men done to the colours?

What have men done to the seas?

What have men done to the mountains

which we children can't see?

I've come here to the end of land

where Malin Head* invades the blue

and waves rechristen poor souls

while waters sing a song like tears.

What have men done to the colours?

What have men done to the seas?

What have men done to the mountains

which we children can't see?

I’ve supped full with crying rain

and savoured the dark sounds of the ocean

and I’ve flown as light as a feather

as thoughtless birds far off to sea.

 


Quei limpidi cieli irlandesi

 

Ho visto percorsi di verde

colorati con il sangue del passato

e ho sognato limpidi cieli irlandesi

con pareti aperte alla mente dipinta.

Cosa hanno fatto gli uomini ai colori?

Cosa hanno fatto gli uomini ai mari?

Cosa hanno fatto gli uomini alle montagne

che noi fanciulli non riusciamo a vedere?

Ho visto cascate di rosso dolore

scorrere a fondo nella terra tormentata

mentre la terra passava di mano in mano

cristallo piangente come salice per il furto.

Cosa hanno fatto gli uomini ai colori?

Cosa hanno fatto gli uomini ai mari?

Cosa hanno fatto gli uomini alle montagne

che noi fanciulli non riusciamo a vedere?

Sono venuto qui alla fine della terra

dove Malin Head invade il blu

e le onde ribattezzano le povere anime

mentre le acque cantano una canzone come lacrime.

Cosa hanno fatto gli uomini ai colori?

Cosa hanno fatto gli uomini ai mari?

Cosa hanno fatto gli uomini alle montagne

che noi fanciulli non riusciamo a vedere?

Ho cenato pieno di pioggia piangente

e assaporato le anime oscure dell’oceano

e ho volato leggero come una piuma

come uccelli sconsiderati lontani dal mare.

 

 

 

10° classificato Lulëzime Malaj (Albania)

con l'opera

"Këpucët e kuqe"

 

Një shi i hollë vjeshte sa kish filluar,

Blicat e vetëtimave filmonin atë natë.

Kthenin kokën burrat pas këpucëve

të kuqe të një zonje, në bulevard!

 

S’di si më humbi nga sytë në rrugicë,

Po troku u dëgjua nëpër shkallë,

Ndërsa kaloja poshtë një ballkoni,

Ulërimën e saj e dëgjoj një mëhallë!

 

Si nuk ju tha dora kriminale burrit,

mbuloi në gjak gruan e tij pa jetë!

Ku ta dinte ajo se ish nata e fundit,

dhe s’do i shihte më fëmijët e vet.

 

Në pellg gjaku notonte trupi saj,

nga gryka e prerë i rridhte pikë-pikë.

S’do dëgjohet më refreni i takave,

Muzgjeve nën neonet me pak dritë!

 

Agoi dhe në vend të trokut të tyre,

Kumbuan kambanoret me gjëmim,

saqë shiu qulli deri në palcë qytetin,

qytetin që proteston nën një tubim.

 

Eh, këpucët e tua te kuqe, muzikë

e Marshit Funebër, të vargut tim!

 

Le scarpe rosse

 

Era iniziata una leggera pioggia autunnale,

il bagliore dei lampi filmava la lunga notte.

Gli uomini giravano la testa e guardavano

una bella signora con le sue scarpe rosse.

 

Improvvisamente l’ho persa di vista

sentivo solo il rumore dei suoi tacchi,

mentre mi abbandonavo ai miei pensieri,

ho sentito il suo urlo così acuto e disperato!

 

Una mano criminale quella sera di autunno

ha annientato in un solo istante la sua vita.

Lei non poteva sapere che era l’ultima notte

e non avrebbe mai più rivisto sua figlia.

 

I suoi sogni e i suoi desideri sono svaniti,

il suo corpo nuotava in un pozzo di sangue.

La musica dei suoi tacchi non si sentirà più

nei crepuscoli sotto un neon con poca luce!

 

Il giorno dopo si sentivano solo le campane

che suonavano con la forza della tristezza,

la pioggia bagnava tutte le strade della città

mentre dal cielo cupo e nuvoloso cadeva.

 

Quelle scarpe rosse rimangono la musica,

la marcia funebre di questa mia poesia!

 

 

Traduzione di Irma Kurti


 

RINGRAZIAMENTI

Ai giurati delle sezioni in concorso 















Ai collaboratori




agli amici, agli artisti, autori e poeti partecipanti alla settima edizione di questo entusiasmante percorso tinteggiato con arte e poesia…perché:

 

“… la Vita è una tela che ci disegna prima ancora che i nostri passi conoscano la luce. Quando questo accade, lei ci passa i colori, lasciandoci tra le mani del tempo il compito di continuare a riempire ciò che oggi è bianco e che domani lo sarà di nuovo. E quello che ci rende speciali è il coraggio di desiderare ogni giorno una nuova tinta. E raccontarla… “

  

Maria Grazia Vai